L'uomo si era asserragliato dentro l'ufficio postale di Pieve Modolena (Reggio Emilia) con un coltello e quattro donne in ostaggio
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"Mio fratello ha fatto una cosa stupida, ma ha agito in buona fede: voleva dimostrare la sua innocenza". A parlare è il fratello del latitante Francesco Amato che si era asserragliato dentro l'ufficio postale di Pieve Modolena (Reggio Emilia) con un coltello e quattro donne in ostaggio. Amato, condannato pochi giorni fa nel maxi-processo di 'ndrangheta "Aemilia", si è arreso dopo 7 ore. Tutti incolumi gli ostaggi.
"Mio fratello voleva difendersi da una condanna ingiusta. E' stato il gesto di un uomo disperato. Non voleva far male a nessuno e infatti non l'ha fatto. Voleva solo dimostrare di essere innocente visto che in Tribunale i giudici non gli hanno creduto", continua il fratello di Amato. "Aveva la borsa in macchina, sapeva a quello che andava incontro. Quando si è arreso ed è uscito, ho incrociato il suo sguardo e si è messo a piangere. Ora la pagherà, vedrà aumentarsi la condanna, ma noi non siamo una famiglia di mafiosi come hanno detto alcuni. Francesco voleva dimostrare questo".