Anna e Marco hanno visto morire il loro unico figlio Luca che però è riuscito a salvare quattro vite grazie al trapianto
Anna e Marco hanno preso una decisione difficile che ha salvato, però, quattro vite: hanno donato gli organi del loro unico figlio, Luca, scomparso nel 2009 all'età di dieci anni a causa di una malattia. Ora i genitori continuano a sentire con quei ragazzi un legame speciale tanto da voler lasciare loro parte dell'eredità. L'unico legame che li unisce è costituito da una dottoressa del Nord Italian Transplant. La legge in materia rema tuttavia contro un riavvicinamento: non ci possono essere legami tra chi dona e chi riceve.
Per i genitori che perdono un figlio non esiste nemmeno un vocabolo specifico: il loro è un dolore senza nome, troppo grande per essere compreso. Eppure c'è chi riesce a trovare un modo di continuare a vivere. Così Anna e Marco (nomi di fantasia) sono riusciti a convivere con la morte del loro bambino di 10 anni grazie alla donazione degli organi.
I genitori di Luca, però, continuano a vedere in quei "riceventi" una parte del loro figlioletto tanto da voler lasciare a loro una parte dell'eredità. Il notaio a cui si sono rivolti è stato molto sorpreso della richiesta: è la prima volta che succede una cosa del genere e non si sa ancora se sia effettivamente possibile farlo.
Come riportata il Giornale, i fatti risalgono al 2009: in un ospedale del Nord Italia i dottori hanno chiesto alla coppia di genitori di acconsentire alla donazione degli organi di Luca. Ed è così che il cuore, il fegato e i reni del bimbo hanno salvato due adolescenti, un piccolo di un anno e un ragazzino: a parte questo non si sa nulla di loro tranne che ora riescono ad avere una vita normale.
L'unico legame tra i quattro ragazzi e la famiglia di Luca è una dottoressa del Nord Italian Transplant che su richiesta si informa se il decorso operatorio continua ad andare bene oppure no. Il lascito dell'eredità a chi ha ricevuto gli organi di Luca può essere una cosa molto complessa: ci sono leggi, definite da Anna "alte come muri, barriere insormontabili", che non consentono contatti tra le persone coinvolte.
Sono leggi, però, fatte per proteggere la privacy e preservare gli interessati. Infatti, esiste una condizione psicologica, tipica di chi accetta la donazione, detta "sindrome del segugio" che porta alla ricerca continua dei riceventi visti come un sostituto di chi ormai se n'è andato. Poi c'è anche il senso di colpa che potrebbe insorgere in chi grazie a quegli organi è ritornato a vivere: un rimorso che potrebbe seriamente segnare la salute dell'individuo.
Anna e Marco, però, non si arrendono e vogliono aiutare, per una seconda volta, quei quattro ragazzi. Vorrebbero anche poterli conoscere, ma senza anticipare ai trapiantati la nomina a loro eredi. L'intenzione è infatti quella di esplicitare il gesto di generosità solo post mortem, attraverso il testamento.