Sono diversi i supporti informatici che l'ingegnere iraniano aveva con sé e che potrebbero contenere informazioni molto interessanti per gli Stati Uniti
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Tutti i dispositivi, tra cui smartphone, tablet, chiavette usb e schede tecniche, sequestrati il 16 dicembre al momento dell'arresto richiesto dagli Usa di Mohammad Abedini Najafabadi, l'ingegnere iraniano liberato su decisione del ministro della Giustizia Carlo Nordio, sono ancora custoditi in una cassaforte della Procura di Milano. Si tratterebbe di supporti informatici che Abedini aveva in un trolley e con informazioni molto interessanti per gli Stati Uniti. Per questo non è escluso possa essere consegnato, in copia, via rogatoria anche se al momento una richiesta di assistenza giudiziale, che deve passare attraverso il ministero, non risulta ancora depositata. La liberazione di Abedini è avvenuta dopo la scarcerazione della giornalista Cecilia Sala, che è stata detenuta in Iran per 21 giorni.
Nell'istanza di liberazione di Abedini non c'era alcun riferimento ai dispositivi, per via di una prassi della procura milanese che non prevede la comunicazione del sequestro né alla Corte né alla Procura Generale. Ecco perché sono rimasti negli uffici a Milano.
Su di lui c'era un mandato di arresto internazionale degli Stati Uniti. Quest'ultimi accusano l'iraniano di aver avuto un ruolo chiave in un attentato in Giordania un anno fa, dove morirono tre soldati americani.