l'intervista a Tgcom24

Femminicidio in Argentina, il fidanzato da Pescara: "L'ex ha ucciso Patricia e i nostri sogni, ora voglio aiutare la figlia"

Francesco Nuvolari invoca giustizia e apre una raccolta fondi per la piccola Pilar, rimasta sola. "Non ho vincoli giuridici verso la bimba, sono solo una brava persona", racconta a Tgcom24 

di Gabriella Persiani
09 Lug 2022 - 07:00
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© Tgcom24
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Quel biglietto del 28 luglio per Roma Fiumicino è stato la sua condanna a morte. Patricia Rodriguez, 31enne boliviana, imprenditrice nel settore dell'abbigliamento in Argentina, avrebbe raggiunto quel giorno in Italia il suo nuovo amore, il 27enne pescarese Francesco Nuvolari, per gettare le basi di una nuova vita. Una relazione, la loro, sbocciata a Buenos Aires davanti a un piatto di pollo fritto nel giorno di San Valentino, ma stroncata dall'ex marito di Patricia, che un mese prima della partenza della donna, ha commesso il femminicidio. "Ero in Argentina per uno scambio universitario e lì ho conosciuto Patricia - racconta a Tgcom24 Francesco Nuvolari, che, distrutto dal dolore, chiede giustizia e raccoglie fondi online per Pilar, la figlia di 6 anni della fidanzata. - Ci siamo frequentati per un mese, sono stato ospite a casa sua a Catriel, 40mila abitanti nel Rio Negro. Poi, rientrato in Italia, ci siamo sentiti fino al 28 giugno, giorno della scomparsa. Progettavamo una vita insieme e, quando l'ex marito, denunciato nel 2019 per violenza e con divieto di avvicinamento, l'ha saputo, l'ha uccisa. Resto io e resta sua figlia: verso la bimba non ho vincoli giuridici, ma da brava persona voglio aiutarla".

Come procedeva questa relazione a distanza tra Pescara e Buenos Aires?
"Dopo aver convissuto a Catriel sono rientrato con la promessa di continuare a sentirci per capire se tra noi poteva continuare a funzionare. In tutto questo periodo ho capito che lei ci teneva davvero alla nostra relazione: da sola, autonoma ed emancipata nella sua professione, si è organizzata e da cittadina boliviana ha ottenuto tutti i documenti per venire in Europa, cosa non facile. Si è poi acquistata il volo. Era davvero una donna brillante ed indipendente, che si era fatta da zero. Venendo in Italia avremmo deciso insieme che strada prendere. Anche io sono un viaggiatore e non avrei avuto problemi a trasferirmi. Insomma, per mesi abbiamo impostato sogni, parlavamo di progetti... ".

Cosa è successo il 28 giugno?
"Il 28 giugno Patricia avrebbe dovuto recarsi al consolato italiano di Buenos Aires per ritirare il visto. Ma l'ex marito, che aveva un provvedimento di non avvicinamento a meno di 500 metri da lei, le ha chiesto di accompagnare insieme la figlia a scuola. Lei voleva andare con un'amica, ma alla fine non è stato così. Con quell'uomo manteneva rapporti formali per amore della figlia e si è fidata per l'ennesima volta, infrangendo lei stessa quel divieto che l'avrebbe in qualche modo dovuta tutelare. Proprio l'amica ha dato l'allarme: alle 11 della mattina, non riuscendo a contattarla, ha sporto denuncia. Da qui, lo scandalo".

Perché?
"C'è uno scandalo prima e uno scandalo dopo questo femminicidio, per essere precisi. Nella fase precedente all'omicidio: bisogna sapere che in Argentina il sistema normativo tutela le vittime di questo tipo di violenza sulla carta meglio che in Italia. Ma poi mancano gli strumenti operativi e i fondi per applicare la legge. Patricia non ha mai avuto in due anni quel sostegno psicologico che la legge prevede per potersi staccare definitivamente dal marito dal punto di vista emotivo. Lui faceva sempre leva sulla figlia e lei cedeva, infrangendo, lei stessa, come detto, quel divieto di avvicinamento. Inoltre, a lui non era stato messo il braccialetto elettronico che avrebbe suonato in caso di violazione, né lei ha mai avuto quel pulsante 'anti-panico' che permette di far intervenire la polizia in caso di pericolo".

Lei punta il dito anche contro gli inquirenti impegnati nelle ricerche. Perché?
"Perché Patricia sarebbe potuta rimanere per sempre una persona 'scomparsa'. Dalla denuncia delle 11 del 28 giugno, le indagini sono partite solo la mattina dopo e il 30 giugno l'ex marito è stato portato in commissariato per l'interrogatorio. Per molti giorni nessuno conosceva la sorte della mia fidanzata, il cui telefono ha continuato a squillare fino a mezzanotte del 28 giugno senza che la polizia pensasse di rintracciarlo. E' stato trovato poi nelle tasche dell'ex marito, che ha confessato l'omicidio due giorni dopo. Io ero in Italia in attesa, in preda all'impotenza. Vedevo che le ricerche non partivano e ho iniziato a tempestare i media locali che mi hanno dato spazio in radio e tv pur di ritrovarla. Poi ho fatto avere al commissario di Catriel un video destinato all'ex marito, in cui lo supplicavo in lacrime di farci sapere dove fosse. Quelle immagini sono finite in Rete e sono diventate virali, così c'è stata una mobilitazione popolare in quel centro di 40mila anime che ha quasi messo a ferro e fuoco il commissariato. Alla fine, è arrivata la confessione e il ritrovamento del corpo seppellito nel deserto. Patricia è stata uccisa con un colpo in testa e su di lei quell'uomo ha infierito...".

Un femminicidio che poteva essere evitato, dunque?
"Ora la giustizia farà il suo corso, in Argentina non si scherza e l'ex marito rischia l'ergastolo. Ma questo femminicidio poteva essere evitato per quanto detto prima: lì, come in Italia, non mancano le leggi, mancano però gli strumenti operativi. Per questo Patricia è, per prima cosa, vittima di malagiustizia. Io voglio onorare la sua memoria, perché lo merita, e voglio andare avanti perché queste falle vengano colmate e mai più ci siano vittime di femminicidio, in Argentina, in Italia, nel mondo".

Cosa intende fare?
"Dopo aver avuto visibilità in Argentina, prima a livello locale, poi nazionale, voglio portare l'attenzione sul caso a livello internazionale, in Italia, in Europa, perché il governo argentino prenda atto di ciò e intervenga. Sto creando un ponte, una rete di relazioni tra un'associazione argentina che si batte per i diritti delle donne e una omologa e importante qui in Italia. Che questa battaglia contro i femminicidi diventi europea, sudamericana, mondiale. E' un'ambizione grande, ma in questo momento mi aiuta a superare il dolore che non ho ancora metabolizzato. Salviamo la memoria di Patricia, salviamo altre donne in pericolo. E non dimentichiamo sua figlia".

Che destino avrà la bimba di Patricia?
"Andrà a vivere dalla nonna materna in Bolivia, in un villaggio, in misere condizioni. E pensare che a Catriel la sua mamma aveva avviato un cantiere da 15mila dollari per ristrutturare la loro casa, motivata anche da me. Una dimora tutta nuova per la sua bambina e magari un nido d'amore per noi. Tutto in fumo ora. Ma quella bimba, che si chiama Pilar, merita un futuro diverso e per questo ho avviato una raccolta fondi online. Nei suoi confronti non ho vincoli giuridici, ma voglio farle capire che il mondo è pieno di brave persone".

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