il racconto a tgcom24

Lanciano, la testimonianza: "Mio marito stroncato dal coronavirus a 54 anni, la procedura dei tamponi è assurda"

Il racconto a Tgcom24: "Ho dovuto insistere affinché io e mia figlia venissimo sottoposte al test per capire se fossimo state contagiate. Siamo chiuse in casa da 50 giorni e l'esito ancora non c'è"

14 Giu 2020 - 10:32
 © LaPresse

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"Mio marito è morto a 54 anni, stroncato dal coronavirus, il 10 aprile. Io e mia figlia, ancora oggi, non abbiamo la certezza se siamo positive o meno e quando potremo uscire di casa, perché la procedura dei tamponi in Italia è a dir poco assurda". Lo racconta a Tgcom24 Luisa, di Lanciano (Chieti), che si dice esterrefatta di come venga gestita l'emergenza sanitaria nel nostro Paese. 

I primi sintomi Ricostruendo a ritroso il calvario di Luisa, dobbiamo partire dal 12 marzo. "Mio marito, Maurizio Salerni, inizia ad avere i primi sintomi, febbre a 38 e tosse, anche se allora - ammette - non pensavamo al coronavirus. Per precauzione ho cercato di 'isolarlo' in casa quanto più possibile. Io e mia figlia, che quest'anno ha l'esame di maturità, abbiamo cercato di avere pochi contatti e abbiamo subito contattato il medico di famiglia".

La diagnosi senza test "Il responso è stato influenza, con una piccola bronchite, da trattare con antibiotico. La diagnosi è stata fatta a voce, senza neppure l'ausilio di una videochiamata. Noi abbiamo insistito nel richiedere che mio marito fosse sottoposto a tampone, ma invano. Le procedure non lo prevedono - dice sconsolata Luisa -. Non avendo avuto contatti con il nord Italia, niente tampone, neanche con sintomi. Non è servito a nulla neppure contattare il numero verde abruzzese e quello nazionale". 

Il ricovero a Chieti La prima svolta avviene il 19 marzo. "Mio marito inizia ad avere difficoltà respiratorie e un piccolo affanno. Su consiglio del medico curante acquistiamo un saturimetro, scoprendo che i valori di ossigeno sono molto bassi. Viene quindi disposto il ricovero presso l'ospedale Sant'Annunizata di Chieti, dove Maurizio viene portato in terapia sub-intensiva. E' cosciente, ma non migliora. La situazione polmonare è compromessa, ci dicono i medici". 

Il trasferimento a Teramo in terapia intensiva Il 2 aprile avviene la seconda svolta, drammatica. "Maurizio viene trasferito a Teramo in rianimazione per essere sedato e intubato. Sottoposto a ventilazione meccanica, muore il 10 aprile. Aveva solo 54 anni". E qui inizia un altro calvario per Luisa e sua figlia "Per 14 giorni - spiega - io e mia figlia siamo state sottoposte a quarantena. Ogni giorno c'era il controllo telefonico mediante una voce registrata".

La "beffa" dei tamponi Passate le due settimane, da procedura standard Luisa e la figlia sarebbero potute uscire e considerarsi, di fatto, negative al Covid-19. Nessuno avrebbe più controllato. E' solo per scrupolo e insistendo che ottengono di essere sottoposte a tampone. I test vengono eseguiti il 4 aprile. Ma, racconta la donna, "il mio referto non ci è stato comunicato, perché sarebbe andato perso". La figlia, invece, è positiva.

L'esito "non è disponibile" "Il 17 aprile - continua - sia io sia mia figlia siamo state sottoposte a un nuovo tampone". A questo punto la situazione si capovolge. Luisa risulta positiva (ma non si sa se il risultato è del test del 4 aprile o del 17), mentre l'esito del tampone della figlia "non è disponibile". E' quanto scopre la donna leggendo la mail arrivata proprio mentre era al telefono con Tgcom24 a raccontare la sua storia.

"Io e mia figlia chiuse in casa da 50 giorni" "E' una vicenda assurda quella dei tamponi. Ad oggi sono 50 giorni che io e mia figlia siamo chiuse in casa, e non potremo uscire finché non avremo due tamponi negativi di fila. Il problema - sottolinea - è che fra 15 giorni dovremmo essere sottoposte di nuovo al test, ma se i risultati non dovessero arrivare saremmo punto e a capo. Cosa dovremmo fare? Non vogliamo rischiare di contagiare qualcuno". Inoltre, aggiunge, "l'Asl comunica a noi l'esito e siamo noi, a nostra volta, a dover riferirlo al medico di base. C'è una totale mancanza di organizzazione, senza alcun tipo di coordinamento". 

di Lorenzo Panzeri

Coronavirus, dal "paziente 1" di Codogno a oggi: i fatti principali e le immagini simbolo

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© Ansa  | Il 21 febbraio viene "blindato" l'ospedale di Codogno dopo la scoperta del "paziente 1". Mattia, 38 anni, il 16 febbraio era stato nel nosocomio per una lieve polmonite ed era stato dimesso. Il 19 il peggioramento, il ricovero e il tampone, risultato positivo.
© Ansa  | Il 21 febbraio viene "blindato" l'ospedale di Codogno dopo la scoperta del "paziente 1". Mattia, 38 anni, il 16 febbraio era stato nel nosocomio per una lieve polmonite ed era stato dimesso. Il 19 il peggioramento, il ricovero e il tampone, risultato positivo.
© Ansa  | Il 21 febbraio viene "blindato" l'ospedale di Codogno dopo la scoperta del "paziente 1". Mattia, 38 anni, il 16 febbraio era stato nel nosocomio per una lieve polmonite ed era stato dimesso. Il 19 il peggioramento, il ricovero e il tampone, risultato positivo.

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