Fotogallery - Rigopiano, a oltre sei anni dalla tragedia arriva la sentenza di primo grado
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Due anni e 8 mesi al sindaco di Farindola, tre anni e 4 mesi a due funzionari. Tra gli assolti l'ex prefetto e l'ex presidente della Provincia. Rabbia dei parenti. Un sopravvissuto: oggi è morto lo Stato italiano
A sei anni dalla tragedia di Rigopiano, è giunto a conclusione il processo di primo grado. Il gup Gianluca Sarandrea ha assolto 25 imputati e ne ha condannati cinque. Due anni e otto mesi per il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta. Tre anni e quattro mesi a Paolo D'Incecco e a Mauro Di Blasio, entrambi funzionari della Provincia di Pescara. Condannati poi a sei mesi il gestore dell'hotel, Bruno Di Tommaso, e il tecnico Giuseppe Gatto. Tra gli assolti l'ex prefetto del capoluogo abruzzese, Francesco Provolo, e l'ex presidente della Provincia, Antonio Di Marco. L'hotel Rigopiano il 18 gennaio 2017 fu colpito da una valanga che travolse 29 persone, uccidendole. Caos in aula dopo la lettura della sentenza, con i parenti delle vittime che hanno urlato: "Fate schifo".
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I trenta imputati tra amministratori e funzionari pubblici, oltre al gestore e al proprietario della struttura, erano accusati a vario titolo dei reati di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi. Per l'ex prefetto, assolto, la Procura aveva chiesto 12 anni. Per i dirigenti D'Incecco e Di Blasio (3 anni e 4 mesi) erano stati chiesti 10 anni, mentre per Di Tommaso, condannato a sei mesi, erano stati chiesti 7 anni e 8 mesi.
"Attenderemo le valutazioni della sentenza per valutare il ricorso all'Appello - dice il capo della Procura di Pescara Giuseppe Bellelli -. Ciò che emerge chiaramente è che è stato cancellato il reato di disastro colposo". Dal processo escono completamente, secondo la sentenza, anche le responsabilità della prefettura e della Regione in capo ai soccorsi e ai presunti depistaggi.
I parenti delle vittime in aula hanno sfogato la loro indignazione urlando: "Vergogna. Ingiustizia è fatta. Assassini, venduti, fate schifo". E ancora, i familiari hanno detto tra le lacrime: "I nostri cari oggi sono morti per la seconda volta"
Un superstite della tragedia, Giampaolo Matrone, 39 anni, di Monterotondo, ha gridato: "Giudice, non finisce qui". Il sopravvissuto nella tragedia perse la moglie Valentina Cicioni, infermiera al Gemelli. E ha detto: "Non me lo aspettavo, oggi è morto lo Stato italiano. Questa tragedia ha colpito noi in primis, ma poi tutta l'Italia. Ho messaggi di vicinanza da parte di tutti. E' andata come non speravamo. La cosa più brutta è che speravamo in un minimo di giustizia verso chi non c'è più e tutti noi: non c'è stata. E' la cosa che fa più male. Volevo ricominciare a vivere, ma purtroppo continuerò a sopravvivere".
Il padre di Jessica Tinari, morta nel resort a 24 anni con il fidanzato Marco Tanda, ha detto tra le lacrime: "Questi qui hanno una discarica al posto del cuore. Speriamo nell'appello, ma se questo è l'andazzo non spero più niente, devo solo salvaguardare la mia vita per portare avanti il nome di mia figlia. Noi pretendiamo rispetto dalle istituzioni, paghiamo con le nostre tasse i loro lauti stipendi e questi delinquenti ci trattano in questo modo. Meglio che stia zitto, sennò non so cosa posso dire".
Urla e lacrime anche per Francesco D'Angelo, fratello di Gabriele D'Angelo, cameriere dell'hotel, morto nel crollo. "Sei anni buttati qua dentro! Per fare che? Tutti assolti, il fatto non sussiste. Quattro minuti di chiamata. Chi ha chiamato mio fratello? Chi ha chiamato?", urla disperato ricordando le telefonate di Gabriele dirette verso la Prefettura la mattina del 18 gennaio 2017. D'Angelo, alle 11:38, circa cinque ore prima della valanga, chiamò il Centro coordinamento soccorsi della Prefettura per chiedere di liberare la strada e consentire agli ospiti dell'hotel di lasciare la struttura.
Perplesso l'avvocato che assiste alcuni familiari, Romolo Reboa, che afferma: "Ci sono tante cose in questo processo che non mi hanno convinto". Parla di cose "extra processo" e spiega: "Purtroppo i processi si fanno nei limiti del dedotto e del deducibile, ciò che avevo contestato l'ho contestato espressamente in aula, l'ho contestato varie volte, non sono nuovo a queste contestazioni. Voglio sia chiaro che chi è stato dichiarato non colpevole in questo momento è non colpevole. La legge va rispettata. Il problema era capire se i veri colpevoli stavano o meno dentro questo processo, ma questa è un'altra vicenda".
"29 morti, nessun colpevole (o quasi). Questa non è giustizia", questa è una vergogna. Tutta la mia vicinanza e la mia solidarietà ai famigliari delle vittime innocenti". Lo ha detto dice il vicepremier Matteo Salvini.