Quello di Domenicantonio Vellega, trovato morto due anni fa, non fu suicidio: era ancora vivo quando venne chiuso nell'auto data alle fiamme
I carabinieri di Castello di Cisterna (Napoli) hanno arrestato un uomo e una donna con l'accusa di omicidio aggravato. I due sono l'ex moglie di Domenicantonio Vellega, e il nuovo compagno di lei, rispettivamente di 39 e 51 anni: Vellega la sera del 3 marzo 2022 venne tramortito e poi messo in un'auto che venne data alle fiamme. Secondo quanto accertato dagli investigatori, le due fasi del brutale omicidio sono avvenute tra Acerra e Marigliano, nel Napoletano.
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Le indagini dei carabinieri hanno consentito di escludere che la morte di Vellega, 48 anni, fosse un suicidio, come era parso inizialmente. L'uomo era infatti tramortito ma ancora in vita quando la ex moglie e il suo nuovo compagno, dopo averlo ferito, lo depositarono all'interno della sua Fiat 600 dando poi fuoco alla vettura per cercare di distruggere il corpo.
La ex moglie e il compagno, M. M. e F. M., sono ora accusati di omicidio aggravato e dopo l'arresto sono stati rinchiusi nelle carceri di Napoli Poggioreale e Pozzuoli.
Una pistola che durante la prima perquisizione a casa della vittima non c'era e i sediolini anteriori dell'auto in cui venne trovato il cadavere carbonizzato entrambi reclinati: sono alcuni degli indizi che hanno portato i carabinieri e la Procura di Nola a ritenere che Domenicantonio Vellega non si fosse suicidato. I militari dell'Arma, in particolare, non hanno trovato una ragione plausibile che potesse spiegare il motivo per il quale la vittima avrebbe dovuto reclinarli entrambi, mentre è sembrato molto più plausibile invece che Vellega fosse stato trasportato da una seconda persona e in uno stato di semi incoscienza. sul sedile passeggero reclinato nel luogo dove è stato poi trovato e riposizionato su quello del lato guida. Anche questo era stato reclinato, prima di appiccare le fiamme e simulare un suicidio. Per quanto riguarda la pistola, invece, è stata una telefonata della ex moglie a suscitare i dubbi degli investigatori: nel primo accesso dei carabinieri a casa della vittima, l'arma non venne trovata. La donna però era sotto intercettazione ed è stato il tenore delle sue affermazioni a convincere gli investigatori che qualcuno si era introdotto in un secondo momento nell'abitazione di Vellega per nascondere l'arma, poi trovata in un borsello insieme con proiettili, caricatore e cellulare, sistemato in un mobile della cucina. Il tutto con l'obiettivo di indurre gli inquirenti a ritenere che la vittima fosse un malvivente.