Sulla fecondazione assistita

Fecondazione eterologa, la Consultainvita i tribunali a rivalutare la questione

Per la Corte costituzionale le Procure che avevano sollevato il caso di legittimità dovrebbero riflettere sul da farsi alla luce di una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo

22 Mag 2012 - 19:45
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Nessuna decisione della Corte Costituzionale sulla legittimità del divieto di fecondazione eterologa della legge 40. La Consulta ha infatti deciso di restituire gli atti ai tre tribunali che avevano sollevato la questione di legittimità, affinché valutino la questione alla luce della sentenza, risalente al 3 novembre 2011, dunque successiva ai ricorsi, pronunciata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo.

La Consulta, in sostanza, invita i tribunali che avevano sollevato la questione (Firenze, Catania e Milano) a considerare la sentenza della Camera Grande della Corte di Strasburgo, che il 3 novembre di fatto aveva stabilito che vietare la fecondazione eterologa (nella quale, cioè, l'ovulo o gli spermatozoi provengono da un soggetto esterno alla coppia) nei Paesi comunitari è legittimo.

La sentenza si riferiva al ricorso di due coppie austriache sterili contro il divieto, stabilito dalla legge del loro Paese, di ricorrere a tecniche di fecondazione eterologa. Un divieto che, secondo la Corte, non viola "l'articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione dei diritti dell'uomo".

In una prima sentenza il primo aprile 2010 la Corte aveva dato ragione alle due coppie, per le quali l'unico modo per avere un figlio è il ricorso alla fecondazione eterologa in vitro, ma il governo austriaco, sostenuto da quello italiano e quello tedesco, aveva chiesto una revisione del caso davanti alla Grande camera.

A novembre la Corte ha ribaltato il proprio giudizio, sottolineando che, viste le questioni etiche sollevate ma anche la rapidità dei progressi medici, ogni paese ha un ampio margine di manovra nel normare questa materia, e quindi la legge austriaca non lede di per sé i diritti delle due coppie.

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