Gli studiosi sono discordi sulla pericolosità delle microonde prodotte dall'impianto. Il comune di Niscemi, vicino al quale la struttura sarà ultimata, denuncia: "Siamo stati lasciati soli, noi abbiamo paura". Tgcom24 è andato nella cittadina del Nisseno e ha cercato di capire cosa sta succedendo
Da un po' di tempo qualcosa disturba i sonni tranquilli dei 26mila abitanti di Niscemi, paesone in provincia di Caltanissetta nel sud-est della Sicilia, e di quelli di 16 comuni limitrofi. Questo "qualcosa" si chiama Muos, un sistema di potentissimi radar satellitari in grado di detonare bombe, pilotare aerei e tenere in contatto ogni punto della Terra, che gli americani stanno costruendo nelle loro basi militari all'interno della Sughereta del paese. Una specie di grandissima playstation a cielo aperto, per intenderci. "Siamo immersi nelle onde elettromagnetiche che producono già le NRTF e ora ce ne vogliono mettere altre ancora più forti, abbiamo paura", racconta a Tgcom24 il sindaco Francesco La Rosa. "La invito a tornare fra 20 anni e chissà che scenario troverà - aggiunge con un tono di rassegnazione il primo cittadino -, in paese sono già tanti i casi di leucemia nei bambini e di tumori tra gli adulti: siamo stati letteralmente lasciati soli".
Mobile User Objective server, il sistema radar figlio dell'NRTF N8
Il Muos è un sistema radar satellitare di ultima generazione formato da tre antenne paraboliche, dal diametro di 18 metri e alte all'incirca 50 metri, che avranno una potenza simile a quella degli impianti di telefonia cellulare, che operano tra i 900 Mhz e i 2 GHz, e da un'antenna elicoidale, alta 148 metri usata per le comunicazioni dei sottomarini. Nel mondo ci sono altre tre ground station del genere (una in Virginia, una alle Hawaii e l'altra in Australia) che saranno collegate tra loro grazie all'ausilio di cinque satelliti. Il Muos dovrà sostituire la NRTF, il parco di 41 antenne già esistenti nella base militare americana in questa zona della Sicilia dal 1991 che viene ancor oggi utilizzato per le comunicazioni in superficie e sott'acqua.
"Perché non lo hanno costruito nel deserto libico?"
Della pericolosità delle antenne radar esistenti e di quelle future è convinto Massimo Zucchetti, docente di Impianti Nucleari del Dipartimento Energia del Politecnico di Torino, che, insieme al ricercatore Massimo Coraddu, ha dato, su richiesta del comune di Niscemi, un suo parere sulla base dei rilievi effettuati dell’Arpa Sicilia. Zucchetti ha spiegato a Tgcom24 che il Muos "prevede una copertura radar globale a scopo bellico" capace anche di detonare bombe e manovrare aerei "e che contrariamente ai normali radar, che si trovano negli impianti civili, ha la caratteristica di essere molto più potente". "Di solito questi impianti vengono posizionati in zone disabitate oppure in isolotti”, continua Zucchetti, che sottolinea come il Muos e le antenne NRTF invece siano stati costruiti a una distanza esigua, in linea d’aria di 3-6 km dal centro abitato, "e quindi sono grossi i rischi ai quali si va incontro". "Sarebbe stato meglio realizzarlo nel deserto libico ora che Gheddafi non c'è più", ci dice con tono provocatorio il docente, "ed evitare così le tre tipologie di danno che queste apparecchiature possono generare".
Perché il Muos può fare male
In primis le onde elettromagnetiche durante il loro normale funzionamento emanano radiazioni diffuse. Quando il Muos viene puntato verso una direzione per cercare di individuare i supposti aerei nemici, "produce radiazioni che si diffondono anche in altre direzioni, così come la luce non si dirige nel cono del riflettore ma anche intorno", afferma Zucchetti. A lungo termine, con un'esposizione prolungata, possono insorgere leucemie o tumori, come ormai testimoniato da una vasta letteratura. "E' da ormai trent'anni che è provata una correlazione tra tumori ed elettrosmog", sostiene infatti il professor Angelo Gino Levis, già Ordinario di Mutagenesi Ambientale presso l'Università di Padova (leggi l'intervista).
Il Muos può inoltre produrre seri problemi "in caso di incidente, perché il puntamento errato della direzione del fascio di onde potrebbe investire i civili recando, questa volta, danni immediati anche mortali", spiega Zucchetti. "Per non parlare, poi, dei pericoli per il volo degli aerei, che potrebbero perdere la rotta con conseguenze che possiamo solo immaginare" (lì vicino ci sono l’aeroporto di Catania, quello militare di Sigonella e quello di Comiso che forse non potrà mai essere funzionante a causa delle vicinanza al Muos, ndr), aggiunge.
Ultimo punto, ma non per questo meno importante: le onde disturbano l'orientamento della fauna migratoria. L'impianto sorge infatti in una riserva naturale, e "il volo degli uccelli si basa proprio sui campi elettromagnetici, così come quello delle api, fondamentali per la vita di un ecosistema", conclude Zucchetti. Solo per questi tre motivi, sarebbe consigliabile, a parere del professore, "far prevalere il principio di precauzione, dato che a differenza di un impianto nucleare o di un industria non comporterebbe alcun benefit sulla popolazione, ma solo svantaggi".
Ma non sono tutti a pensarla così...
Gli studi sul Muos del professor Zucchetti hanno fatto vacillare quelli condotti dai professori dell'Università di Palermo Patrizia Livreri e Luigi Zanforlin, che la Regione Sicilia ha interpellato nel 2011 per dare un loro parere sul progetto. Per i docenti di ingegneria informatica del capoluogo siciliano il Muos è risultato sostanzialmente innocuo. Rispetto ai "processi di difesa e avanzamento tecnologico - scrivono nella loro relazione - non ci sono dati di pericolo rilevanti in quanto secondo i rilievi effettuati dalle centraline collocate nella base NRTF i valori legislativi non vengono superati. E che anzi il fascio di onde dei sistemi satellitari, essendo direzionato, è meno pericoloso delle antenne esistenti". Tgcom24 ha cercato di contattare la professoressa Livreri che però ha preferito non rilasciare alcun commento rispetto alla discussa relazione.
Come si è arrivati a dire sì al Muos
Dietro il parere cautelativo del professor Zucchetti e di Coraddu, in realtà, c’è una complessa e controversa vicenda politico-amministrativa. La relazione degli studiosi del Politecnico di Torino è stata redatta nel 2011. Una data relativamente recente rispetto a quando nel 2006 il Ministero della Difesa, dopo aver stretto un accordo bilaterale con la Marina militare americana, aveva inviato la valutazione positiva del progetto all’Assessorato dell’Ambiente della Regione Sicilia, affinché desse il via ai lavori. Per poterlo fare però, essendo cambiata nel 2007 la normativa, bisognava chiedere alla giunta di Niscemi una valutazione di incidenza ambientale.
Nel settembre del 2008, quindi, l'amministrazione viene invitata a presiedere una conferenza dei servizi a Palermo dove tutti gli enti, compreso il comune interessato, avevano espresso all’unanimità un parere positivo.
Come ci ha raccontato l’allora sindaco Giovanni Di Martino, “la responsabilità è dell’ufficio tecnico", che forse non avendo idea delle reali conseguenze del sistema radar, "aveva dato sull’onda degli altri organi presenti il proprio nulla osta” e a dir la verità “in materia di valutazione di incidenza ambientale la stessa normativa stabilisce che in casi di interessi nazionali di strategie di difesa un parere negativo non avrebbe alcuna valenza potendo essere superato con delle forme di compensazione che stabilisce la legge”. Ciò vuol dire che l’organo in questione è depauperato del suo potere e che anche le conferenze regionali in casi di interessi economici o militari diventano superflue e di facciata.
Niscemi ora non ci sta
Una volta capiti i rischi che potevano venire dal Muos, il comune ha iniziato la sua battaglia revocando il nulla osta e facendo ricorso al Tar, che ha rigettato la richiesta cautelare, ma che ancora deve esprimersi sul merito, e al Consiglio di giustizia amministrativa, l'organo d'appello che in Sicilia sostituisce il Consiglio di Stato. Da allora i cittadini di Niscemi vogliono sapere se veramente le onde siano dannose e se il parere dei professori dell'Università di Palermo e le rilevazioni dell'Arpa, iniziate solo nel 2008 (quando invece le antenne NRTF N8 sono lì dal 1991) non difettino di parzialità.
Del "caso-Niscemi", quasi sottovoce, si comincia a parlare dopo la pubblicazione della relazione del 2011 di Zucchetti e Coraddu. Relazione che ha rilevato una certa inadeguatezza nella strumentazione dell’Arpa su un’antenna in particolare, che è quella a bassa frequenza usata per la comunicazione con i sottomarini dell’intero Sud del Mediterraneo. Studio che è stato preso in considerazione dal Ministero dell’Ambiente, che ha chiesto nuovi rilievi all’Arpa. L'Ente, interpellato da Tgcom24, ha assicurato di averli fatti. E che "se proprio bisogna fare un'interrogazione alla Regione, che ha impugnato il caso, bisogna farlo sollevando il problema dei possibili incidenti". Se "il fascio di onde dovesse essere direzionato per errore o calamità naturale (il territorio nisseno è una zona ritenuta sensibile ai terremoti, ndr) potrebbe creare seri problemi alla popolazione". Cosa che, ci hanno assicurato, hanno già fatto presente al Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione siciliana.
Le preoccupazioni dei niscemesi e degli abitanti di altri sedici comuni
Le domande che ora la recente amministrazione si pone sono molteplici. Perché le autorità nazionali non rispondono ai loro appelli? Sulla base di quali rilievi è stato dato un nulla osta sull’incidenza ambientale, dato che l’Arpa si è mossa con estremo ritardo? Come è possibile che la costruzione del Muos sia già quasi completata quando è abusiva, essendo in una zona Sic, ossia un sito di interesse comunitario? Come mai all’Arpa dicono di aver effettuato i nuovi rilievi quando in realtà in Quarta commissione Ambiente e Territorio è stato detto che la strumentazione era inadeguata e che non c’erano soldi per comprarne una nuova? Come mai non è mai stata chiesta al comune l'autorizzazione per costruire all'interno della riserva?
Le sbavature burocratiche, come denuncia l'assessore alla Sanità, Massimiliano Ficicchia, non mancano. Altro neo, rilevante, è il ritardo nella costituzione di un registro tumori (che sarà attivo a ottobre e comprende un range di dati di soli tre anni) in una zona a rischio così elevato.
"E ora chiediamo garanzie"
Quella che prevale su tutte è l’impressione, da parte degli enti locali e dei comitati attivi NoMuos, della totale fatalità delle cose frutto di un disegno ben più grande della forza di un piccolo paese. Fuori dal voler essere una questione di malumori politici, quello che l'amministrazione di Niscemi, ma anche dei 16 comuni limitrofi, chiede a gran voce è "garanzia". La garanzia di un istituto di monitoraggio all'interno delle basi (cosa promessa nell'accordo Difesa-Regione, ma non mantenuta), la garanzia per la salute dei cittadini e per il futuro di un'intera regione già colpita da gravi problemi socio-economici. Ciò che la popolazione oramai rassegnata teme è di essere diventata l'agnello sacrificale di un "gioco" tra grandi che si deve fare, costi quel che costi.