Per loro si mobilitano la famiglia, due parlamentari e centinaia di internauti
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Riaperto ufficialmente dalla Procura di Castrovillari nel giugno 2011, il caso di Denis Bergamini è quasi a un altro bivio. A novembre scadranno i termini delle indagini preliminari che dovrebbero chiudersi, a meno che non vi sarà una richiesta di proroga da parte del pm. Nel frattempo è nato un giallo nel giallo. In questi giorni sono forti i dubbi della famiglia Bergamini, di due parlamentari e del popolo del web sul trasferimento da Cosenza il 4 ottobre scorso di alcuni carabinieri che stavano provando a far luce sul misterioso omicidio del calciatore. Tutti a chiedersi il perché siano stati mandati via in corso d’opera. Cosa avevano fatto di male?
Donata Bergamini: “Mi avevano fatto recuperare fiducia nell’Arma”
“Il caso sulla morte di mio fratello- dice la sorella di Bergamini a Tgcom24- è di per sé complicatissimo. Per tanto tempo è stato insabbiato e io avevo perso completamente la fiducia nell’Arma, visti i comportamenti umani e le incongruenze nei verbali di quel maledetto 18 novembre 1989”. Ma qualcosa recentemente è cambiato. “A gennaio 2012 andai in segreto a Cosenza per essere interrogata e fui ricevuta da quattro carabinieri. Sono gli unici che ho conosciuto, a parte quelli del Ris di Messina in occasione dei rilievi sulla Maserati di Denis (inizialmente sospettata di contenere doppifondi per il trasporto di droga, ndr). Ero tesissima, considerando i precedenti. Ma il loro atteggiamento e le loro parole mi fecero ritrovare la fiducia smarrita. Rimasi anche positivamente colpita dal fatto che la notizia il giorno dopo non fu riportata da nessun organo di informazione”. La Bergamini infine chiarisce: “In famiglia li avevamo simpaticamente ribattezzati come ‘Gruppo Z’, anche per alleviare la sofferenza ci portiamo dentro. La recente notizia del loro trasferimento, trovata fortuitamente sul sito dell’associazione assistenziale Unione nazionale arma carabinieri (Unac), ci ha fatto sorgere delle domande spontanee da porre a chi di dovere”.
L’interrogazione al Ministero della Difesa
Nel concreto i due deputati, l’emiliano Alessandro Bratti e il calabrese Franco Laratta, hanno presentato il 16 ottobre al ministero della Difesa un’interrogazione con risposta scritta. “Non vorremmo-sostengono- che a distanza di 23 anni da una vicenda poco chiara che era stata archiviata come suicidio e che l'anno scorso è stata riaperta in quanto le prove hanno evidenziato che si trattava di omicidio, si creassero situazioni ambientali che ancora una volta impediscano di giungere alla verità”. “Risulta oggettivamente anomalo- hanno scritto testualmente i parlamentari in questione - che, nel giro di poco più di un anno, dei sottufficiali e graduati dei carabinieri di comprovate capacità professionali ed investigative, di indiscutibili doti umane e tutti dal curriculum esemplare abbiano subito ben due trasferimenti su input del medesimo comandante provinciale, proprio mentre stanno svolgendo delicatissimi incarichi di polizia giudiziaria”.
La risposta del procuratore capo e il “no comment” del comandante a Tgcom24
Del caso Bergamini, oltre al noto Ris di Messina, in questi mesi si è occupato principalmente il Nucleo operativo di Cosenza. A seguito dell’interrogazione il procuratore capo della città del Pollino, Franco Giacomantonio, su Gazzetta del Sud si è affrettato a precisare che “l’inchiesta sulla morte di Bergamini va avanti regolarmente nella più assoluta autonomia e indipendenza” e che “ le indagini non sono mai state delegate a singoli investigatori ma all’intero reparto”. La Procura ha in un secondo momento esteso la delega alla Compagnia di Castrovillari, forse intuendo che a Cosenza la situazione non fosse delle migliori. Tgcom24 è andato oltre, prima provando a incontrare di persona e poi contattando telefonicamente il tenente colonnello Vincenzo Franzese, comandante del Nucleo operativo di Cosenza, l’uomo chiave che secondo l’Unac avrebbe avuto dissapori, con denunce in mezzo, con i quattro carabinieri (nel complesso trasferiti insieme ad altri tre, ndr). Franzese, dall’atteggiamento cortese, ha comunque scelto l’opzione più comoda, ovvero un “no comment”, anche in base a una regola interna che prevede il permesso del Comando generale dei carabinieri per i casi di rilevanza nazionale. E il giallo ‘Gruppo Z’ resta, in attesa di sviluppi ufficiali sul giallo principale.