Lo avrebbe fatto per vendetta: aveva trovato la moglie in un bar in compagnia di un altro uomo
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Denny Pruscino era infuriato poiché aveva sorpreso la moglie con un altro uomo e per questo avrebbe sfogato la sua rabbia sul figlio Jason: scaraventando il piccolo contro una parete, infilandolo in un sacchetto di plastica e mettendolo nel portabagagli dell'auto per poi buttarlo in un dirupo. Lo ha detto alla Corte d'Assise di Macerata l'amica di Katia Reginella, la mamma del bimbo, in carcere con Pruscino per omicido e occultamento di cadavere.
A raccontarlo a Letizia Guarnieri, anche lei in carcere, la stessa Katia. "L'auto - ha detto Guarnieri in aula - si è fermata dopo una curva: preso il bambino dal portabagagli, Denny ha capito che era ancora vivo e lo ha sbattuto a terra con violenza, mentre la moglie restava seduta in auto. Lui ha preso il fagotto con Jason e lo ha gettato in un dirupo". La teste ha aggiunto di aver chiesto a Katia perché non avesse reagito al massacro del piccolo, riconosciuto da Denny anche se non era figlio suo: "Katia mi ha detto che era terrorizzata dal marito e aveva paura che le facesse del male".
I difensori di Pruscino, gli avvocati Felice Franchi e Vittorio D'Angelo, hanno rivolto numerose domande alla teste contestando in più punti il suo racconto, mentre il difensore di Reginella, l'avvacato Vincenzo Di Nonna, ha chiesto di chiamare a testimoniare la soprintendente dal carcere di Teramo, Romina Fabi. Il pm Cinzia Piccioni non si è opposta, ma ha posto una serie di condizioni, e la corte si è riservata di decidere. Nell'udienza fissata per il 10 dicembre si saprà anche se è stata o meno accolta la richiesta di perizia psichiatrica avanzata dal legale di Katia.
Sugli esiti della consulenza psichiatra già condotta su Denny Pruscino ha riferito oggi il dottor Marco Quercia. Gli atti di autolesionismo compiuti in carcere da Pruscino, ha sostenuto il perito, sarebbero frutto di un malessere connesso agli abusi subiti durante l'infanzia più che di "un'autentica volontà di togliersi la vita. Una forma di evasione dagli incubi che lo perseguitano".