Reportage dal gelo di un palazzo di periferia
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Il condominio di Via Cavezzali a Milano divenne famoso perchè l’unica forma di riscaldamento collettivo erano le risse quotidiane fra il proprietario e i condomini.
Il signor Bortot , il principale proprietario, li accusava di non pagare l’affitto e loro rispondevano che lui era un portatore sano di raffreddori perchè non pagava il riscaldamento .
Quando li filmai , per tre volte mi interposi fisicamente ( come improbabile casco blu ) prima che la discussione passasse a vie di fatto .
Spalancando appartamenti microscopici ricavati dalle stanze di quello che prima era un residence, i condomini incazzati mostravano alla tv stufette pallide che consumavano un botto di corrente, ascensori al collasso, scarafaggi morosi e grovigli di cavi che sbucavano nei corridoi pronti ad afferrare i garretti dei passanti.
Due anni fa situazioni come questa erano un’ eccezione, ma ora il riscaldamento sta diventando un lusso per un numero crescente di famiglie.
Per la prima volta, dal dopoguerra, il freddo torna ad essere una componente della crisi , una dimensione della povertà , che evoca scenari sovietici (o balcanici).
A Cremona, al quarto piano di un condominio di periferia , Federica Carrara, indossa la giacca a vento , piglia l’ascesore, va fino alla fontana a 700 metri di distanza a riempire quattro bottiglie d’acqua, poi torna a casa e , senza spogliarsi, anzi indossando un berretto di lana, accende una candela.
Perso il lavoro – spostava pacchi come precaria in un supermercato – Federica non è più riuscita ad affrontare l’aumento delle bollette e così si è vista tagliare acqua, luce e riscaldamento.
Dalle cinque del pomeriggio in poi le sue serate ricordano quelle degli abitanti di Sarajevo durante l’ assedio, ma con una differenza radicale nel rumore di sottofondo : il crepitio delle mitragliatrici é stato sostituito dallo scroscio delle promesse elettorali.
Mostrandomi il “percorso” a lume di candela fra la camera da letto e il bagno Federica ride amaramente : “Lei non sa quante testate ho preso nel muro di notte”.
Chiedo: “Come fa ad andare avanti ?” Risponde : “è la voglia di vivere che mi sostiene. Pensate che ho una figlia di 17 anni e ho dovuto mandarla a vivere con mia sorella perchè non posso farla stare con me in queste condizioni”.
Ciò che stupisce è come Federica riesca a non cadere in depressione, quando si sveglia nella suo bilocale gelato con la prospettiva di passarci l’ intera giornata, aspettando la lunga notte di chi non ha luce.
“Mi sono offerta anche per lavori da uomini - dice - io sono forte e non mia spaventano, ma non trovo nulla. Io sono una fornaia specializzata. Sarei felice se potessi fare il mio lavoro” .
A due ore di auto da Federica, a Treviso, la signora Marcon mi mostra una casa piccola ma arredata con gusto
“Michael , mio marito , ha recuperato tantissimi pezzi di vecchi cappotti e ha confezionato queste giacche di lana“ racconta con drappeggiandosi addosso tre indumenti< “e andiamo a dormire con tutto questo addosso. Sapete, il freddo arriva con queste punte che ti penetrano nel corpo e nella testa e quando ti alzi al mattino sei stanchissimo sia fisicamente che intellettualmente”
Silvianne Marcon, una veneta che ha passato gli anni migliori della sua vita a Parigi o sotto il sole della California, ricorderà il 2013 come l’ Anno della Tosse o dei cappotti , indossati in casa perchè i termosifoni sono stati spenti dall’ impennata delle bollette.
“Ecco - dice - metto anche tre sciarpe. L’unico modo per scaldarci è lasciare il forno acceso e aperto. La cucina è l’unica stanza parzialmente riscaldata e quando ho l’influenza dormo li’ . Il problema è attraversare il corridoio per andare in camera da letto o in bagno. Le pareti, per l’umidità di coprono di muffa”
Michael Kehrlein il marito americano della sig.ra Marcon è un pittore tanto geniale quanto sfortunato “E’ così freddo – racconta - che sono vestito come un esquimese. Vedete com’è pallido questo autoritratto? Questo sono io che rabbrividisco”
Quattro anni fa Michael lasciò la California pensando che i suoi quadri, dipinti con tecniche rinascimentali, avrebbero trovato un mercato in Italia, ma nella patria del Tintoretto iniziava la cosidetta “crisi percepita” e la risposta dei Veneti è stata piuttosto tiepida. Ora la famiglia campa con 350 euro della pensione americana di Michael e con l’aiuto della famiglia di Silvianne.
“Ho sempre lavorato al freddo – racconta Michael – nello studio ho solo una stufetta. Quando non ce la faccio più tolgo le scarpe e guardo il vapore salire dai miei piedi gelati”
Lo studio, è al pianterreno di una vecchia e bellissima casa di campagna, ma non potendo pagare un affitto ora Michael si prepara a lasciarlo.
Sulle pareti dell’ appartamento gli splenditi ritratti dei figli non bastano a proteggerli dal freddo. Angel , 23 anni, uno spilungone biondo , poco choosy, che fa l’aiuto-cuoco, si siede in cucina dopo una notte passata ai fornelli di un ristorante. “Perchè ho sciarpa ? – tossice - ho appena preso l’influenza. Dopo 10 ore di lavoro tornare in una casa dove la temperatura è 7 gradi mi ha steso. E’ freddissimo qui dentro e ho accumulato una stanchezza enorme. Non basta dormire col cappotto e con i calzini”
Prima di Natale , Silvianne, dopo 4 raffreddori e un’ influenza ha deciso di chiedere aiuto all’Associazione per la difesa dei consumatori. La storia di questa famiglia , il cui motto è ”vissi d’arte vissi d’amore finche’ in casa manco’ il calore“ ha commosso i rudi ma concreti militanti veneti dell’ Adiconsum, che hanno le pagato il riscaldamento per un mese e per i mesi successivi hanno negoziato una rateizzazione con la ditta erogatrice del servizio.
“Ci ha colpito la mitezza di questa signora “ dice Walter Rigobon volontario Adiconsum di Treviso “quando siamo andati a casa sua c’erano 7 gradi e lei era raffreddata. Ci ha chiesto di aiutarla ad avere un pò di calore almeno a Natale. I casi come questo che abbiamo affrontato sono 43. Per la maggior parte si tratta di extracomunitari o coppie miste, ma il problema comincia a farsi sentire anche per le famiglia italiane , specie per chi ha perso il lavoro o è in cassa integrazione“.
A un’ora di distanza , a Noventa Padovana , Sunday Ehimegbe, un operaio nigeriano che ha perso il lavoro due anni fa, ci mostra i caloriferi amputati del suo appartamento.
“Loro tagliare, tagliare, io ho detto che qui c’e bambino ! Non lo so perche’ tagliare ! Io lavoro in Italia da 10 anni e 2 anni fa datore di lavoro mi dice: ‘non c’e lavoro piu‘ “. Ma qua a tagliare, c’é carabinieri ! Cosa devo fare io ?”
L’unico termosifone risparmiato dalla forza pubblica è quello della stanza dove dorme il figlio di Sunday, troppo piccolo per affrontare l’inverno veneto in una casa gelata.
Perso il lavoro, Sunday, che faceva bancali di legno, non è più riuscito a pagare il mutuo nè il riscaldamento e ora campa con moglie e figlio solo con gli aiuti della Caritas.
“Non pagavano i Nigeriani!” dice un vecchio condomino cercando le chiavi“ i pagava sempre noantri. Gh’era un buso de 40.000 euro !”
L’intervento dell’amministratore e dei carabinieri che hanno staccato i caloriferi a Sunday e ad altri 4 inquilini nigeriani è stato sollecitato dai condomini, stufi di pagare il riscaldamento anche per gli immigrati morosi.
“I condomini erano inviperiti “ spiega il sindaco di Noventa Padovana Alessandro Bisato “Ci sono molte situazioni del genere ma questa è stata un po’ una sentenza pilota . Io mi sento vicino a persone che hanno l’appartamento al freddo pero’ vanno capiti anche gli altri“
L’unico settore che forse guadagnerà da questo scenario sovietico è l’industria farmaceutica e i produttori di stufe elettriche , ma in alcune città, come Cremona, c’é chi ha inventato la “doccia solidale” prestando la sua a chi può farla solo gelata .