UOMINI CHE "ODIAVANO" LE DONNE

"Calci e pugni, poi mi sono autodenunciato: così ho smesso di picchiare la mia compagna"

Il sempre maggior numero di femminicidi riporta in primo piano il problema della violenza sulle donne. La testimonianza di un "ex violento", guarito dopo un percorso terapeutico al centro "Liberiamoci dalla Violenza" di Modena

08 Mar 2013 - 09:16
 © Ansa

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"Quando mi sono reso conto di quello che ero diventato e di cosa avevo fatto, sono andato in questura e mi sono autodenunciato". Così Riccardo, 35 anni, tecnico informatico del Modenese, racconta l'epilogo della sua vita da "orco". Una quotidianità basata su un lavoro normale, gli amici e una compagna "fatta ragionare" a suon di calci e pugni.

Riccardo è uno degli oltre venti uomini che dal 2001 sono stati trattati dal centro "Liberiamoci dalla violenza" di Modena, primo servizio pubblico in Italia per la cura degli uomini autori di violenza sulle donne. Come racconta la dottoressa Monica Dotti, responsabile del centro, la violenza sulle donne resta oggi un problema sostanzialmente sommerso: secondo le stime calcolate su dati Istat del 2006, almeno una donna su tre nel corso della vita subisce violenze e, nella maggior parte dei casi, questi episodi coinvolgono un familiare. Ed è proprio la vicinanza con l' "orco" che porta spesso a non denunciare: solo il 6% delle donne che subiscono maltrattamenti si rivolge alle forze dell'ordine. Un circolo vizioso dagli esiti talvolta tragici: "all'invisibilità" del fenomeno si può infatti ricondurre il sempre maggior numero di femminicidi che hanno investito le cronache negli ultimi tempi.  

"Tra gli sguardi allibiti dei poliziotti - prosegue Riccardo -, ho raccontato agli agenti cosa avevo fatto alla mia compagna. Credo di averlo fatto principalmente per due motivi: darmi un limite, rendendomi conto di cosa ero oggettivamente diventato e probabilmente anche per difendere in qualche modo lei."

Per difenderla da chi?
“Per difenderla da me: non sapendo più controllarmi, speravo così che qualcuno lo facesse per me".

E' sempre stato violento con la sua compagna?
"No, non è sempre stato così. Poco più di un anno fa, stavamo attraversando un momento difficile: lei aveva scoperto un mio tradimento. Le litigate erano all'ordine del giorno. E spesso io non sapevo come affrontarla e non riuscivo a farla smettere di chiedere, domandarmi... e allora le tiravo due schiaffi, magari qualche spintone. Poi l'ultima volta ho esagerato".

Cosa è successo?
"Al culmine dell'ennesimo litigio, ho perso il controllo. E la litigata è finita a suon di calci, schiaffi e pugni. Una scena tanto violenta, quanto pietosa".

Poi?
"Poi per giorni ho visto i lividi che le avevo lasciato sul corpo. Tutte le volte che sono accaduti litigi piuttosto animati, io uscivo di casa e quando tornavo, provavamo ad aggiustare le cose. Anche quella volta, ma avevo capito che era successo qualcosa di diverso. Con la mia compagna abbiamo parlato e ho realizzato che dovevo fermarmi, farmi aiutare".

Le era capitato anche con altre donne?
"Solo una volta, la prima, quasi dieci anni fa, con la mia fidanzata dell'epoca, durante una discussione. Stavamo litigando e le ho mollato un paio di ceffoni, poi non più. Fino a quando con la mia compagna la situazione è diventata pesante"

Le è capitato spesso di essere violento anche in altri contesti?
"Non mi sono mai pensato come una persona violenta. Non sono uno che fa a cazzotti in mezzo alla strada. E' facile perdere il controllo, ma no, non mi vedevo e non ero mai visto come una persona violenta".

A distanza di tempo, ha capito cosa scattava in lei?
"La violenza arrivava sempre all'apice di una discussione: la mia compagna parlava, parlava, mi faceva domande e io non sapevo cosa risponderle. Non sapevo gestire la situazione. Credevo che fosse l'unico modo per farla smettere, per farla star zitta e farmi ascoltare".

A che punto è oggi del suo percorso?
"Oggi credo di potermi dire guarito: ho acquisito delle conoscenze, un metodo che mi permette di gestire la mia rabbia. Basta poco per arrivare alla violenza, a perdere il controllo. Ma basta anche pochissimo per fermarsi, anche solo allontanandosi fisicamente. Quando litighiamo oggi, quando sento che sono arrabbiato, mi allontano: un passo, due passi, esco di casa. E questo basta".

Come viveva da "orco"?
"Si vive male, malissimo. Un secondo dopo che era partito il pugno, il calcio o lo schiaffo mi rendevo conto di quello che avevo fatto. Il resto del tempo lo passi a nasconderti, a fingere che non sia mai successo, a non far trapelare niente all'esterno. Ma dentro di te hai sempre ben presente quello che hai fatto e quello che sei diventato".

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