Secondo gli amici, Giovanni Veronesi non apriva agli sconosciuti. Eppure si è fidato del rapinatore tanto da lasciare la chiave inserita nella cassaforte
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Si prospettano difficili le indagini sull'omicidio di Giovanni Veronesi, l'orefice 74enne ucciso a Milano durante una rapina: il suo assassino non ha lasciato tracce. La telecamera del negozio non funzionava, e quelle degli uffici della zona sembrano non aver ripreso nulla di rilevante. Ma un particolare potrebbe aiutare: secondo gli amici, il gioielliere non apriva mai agli sconosciuti; l'assassino, quindi, potrebbe essere un conoscente.
Il titolare di un vicino negozio ha raccontato al Corriere della Sera che Veronesi "non apriva a nessuno.Guardava dallo spioncino e, se non conosceva o anche semplicemente non gli andava a genio la persona fuori dalla porta, non lo faceva entrare". Eppure del suo assassino si è fidato a tal punto da aprirgli la porta e da lasciare la chiave nella cassaforte: un comportamento decisamente strano.
Non solo: il rapinatore, prima di fuggire, ha strappato i fili della telecamera di sorveglianza, che era nascosta nella gioielleria e non in vista. Non sarebbe cambiato molto, perché l'impianto di registrazione non funzionava, ma questo gesto lascia intendere che l'assassino conoscesse piuttosto bene il negozio, al punto da sapere dov'era piazzato l'occhio elettronico.
Infine, dà da pensare il lunghissimo tempo impiegato per il "colpo": dalle 11.45 alle 12.10. Troppo, per una normale rapina in gioielleria.
Autopsia, cinque colpi alla testa - Giovanni Veronesi, secondo quanto risulta dall'esame autoptico, è stato aggredito brutalmente e colpito cinque volte alla testa. Sono state evidenziate cinque ferite da corpo contundente nella parte anteriore e posteriore del capo di cui una, dietro, sicuramente mortale. I colpi sono stati sicuramente inferti nel corso di una colluttazione ma al momento non è stato possibile stabilire il numero degli aggressori.