"Nell'Arma c'è chi sa tutto, qualcuno non voleva che la verità venisse fuori"
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''Il ritrovamento della borsa vuota prova che mio padre aveva scoperto qualcosa in Sicilia. E qualcuno non voleva che le sue scoperte venissero fuori dopo la sua morte''. Lo dice a Repubblica Nando dalla Chiesa, il figlio del generale prefetto ucciso trentuno anni fa a Palermo.
Quella ritrovata, spiega, era la borsa che suo padre teneva sempre con sé: ''Sempre piena di carte, carte su indagini che non aveva mai interrotto neanche quando era prefetto di Palermo''.
''Forse - aggiunge -, un carabiniere si è voluto togliere uno scrupolo di coscienza prima di morire. E ha scritto un anonimo ai magistrati di Palermo, ricordando quella borsa di cui tutti si erano dimenticati. Ci dica tutta la verità, quel carabiniere. E se qualcun altro sa, parli''.
''Noi familiari siamo stati sempre catturati dalla vicenda della cassaforte svuotata nella camera da letto di Villa Pajno - prosegue - Un altro mistero mai spiegato nei processi. In realtà, c'eravamo chiesti che fine avesse fatto la borsa. Ma nessuno ci parlò mai del suo ritrovamento nell'auto''. Questa, sottolinea, è una ''scoperta decisiva. Finalmente, abbiamo la conferma che il generale aveva delle attività investigative in corso''.
''Il ritrovamento della borsa allarga il quadro delle responsabilità del delitto - sottolinea - Chiarisce una volta e per tutte che quello non è stato solo un omicidio di mafia. Perché non potevano certo essere i mafiosi a svuotare la cassaforte a Villa Pajno. E neanche a sfilare le carte dalla borsa''.