All'ex presidente di Banca di Roma-Capitalia 5 anni e all'allora dg di Capitalia 3 anni e 7 mesi
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I giudici della Corte d'Appello hanno confermato le condanne inflitte in primo grado all'ex presidente di Banca di Roma-Capitalia, Cesare Geronzi, e all'allora dg di Capitalia, Matteo Arpe, per la vendita delle acque minerali Ciappazzi, filone nato dall'inchiesta sul crac Parmalat. Nel 2011 Geronzi era stato condannato dal tribunale di Parma a 5 anni per bancarotta e usura. Per Arpe la condanna per bancarotta era stata di 3 anni e 7 mesi.
Matteo Arpe annuncia ricorso in Cassazione - "Si tratta di una sentenza che ci ha davvero sorpresi, in quanto è stata confermata una pronuncia di condanna, nonostante sia stata dimostrata non soltanto la totale assenza di prove a carico del dott. Arpe, ma la presenza di numerosissime prove a discarico di quest'ultimo". Lo hanno detto Sergio Spagnolo e Mauro Carelli, legali di Matteo. "Siamo certi, pertanto, che la Corte di Cassazione non potrà che accogliere il ricorso che presenteremo all'esito del deposito delle motivazioni da parte della Corte d'Appello di Bologna".
Processo per la vendita acque minerali Ciappazzi - Il processo è una tranche del procedimento principale per il crac Parmalat sull'azienda di acque minerali Ciappazzi, che Calisto Tanzi acquistò dal gruppo Ciarrapico nel 2002. L'accusa sostiene che l'acquisto da parte del gruppo di Collecchio della società in gravi difficoltà economiche avvenne per effetto delle pressioni esercitate da Geronzi, all'epoca dei fatti numero uno di Banca di Roma poi Capitalia, che ha sempre respinto le accuse. In sintesi, per l'accusa, Geronzi (creditore con Banca di Roma del dissestato gruppo Ciappazzi) avrebbe "costretto" Tanzi a rilevare l'azienda, condizionando a questa operazione la concessione di finanziamenti alle società del gruppo Parmalat.
Condanne confermate anche per gli altri imputati - I giudici della corte d'Appello hanno confermato la condanna anche per gli altri imputati: Alberto Giordano, vicepresidente di Banca di Roma all'epoca dei fatti, a 4 anni; Roberto Monza, all'epoca dei fatti direttore centrale dell'Istituto Banca di Roma, a 3 anni e Riccardo Tristano, ex componente del cda di Fineco Group, a 3 anni e 4 mesi. Condanna confermata anche per Eugenio Favale, all'epoca dei fatti dirigente Area Grandi Clienti di Banca di Roma, (a 3 anni e 3 mesi); Luigi Giove, all'epoca dei fatti responsabile recupero crediti di Mediocredito Centrale (a 3 anni) e Antonio Muto, ex dirigente Area Funzione Crediti Fineco Group (a 3 anni e 3 mesi).