In carcere, Giulio Caria chiede di indagare sulle "amicizie pericolose" della donna
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"Non ho ucciso io Silvia". Giulio Caria, l'uomo in carcere per l'omicidio di Silvia Caramazza, 39 anni, la commercialista trovata in un sacco nero nel freezer di casa sua, a Bologna, continua a proclamarsi innocente e assicura che la chiave del caso va cercata nelle amicizie pericolose che la donna intratteneva su Internet. "Analizzino le impronte su quel freezer - esorta - e non troveranno le mie. Qualcuno la minacciava".
"Quel congelatore non l'ho mai visto né toccato", insiste Caria, come racconta il "Resto del Carlino". E aggiunge: "Le impronte che eventualmente troveranno non saranno le mie, ma quelle del vero colpevole. Io so anche chi potrebbe essere. Silvia intratteneva un'amicizia pericolosa, bisogna indagare sulle persone con cui Silvia era in contatto su Internet. E bisogna far presto, perché c'è un pericoloso assassino in libertà".
Le parole del compagno della donna uccisa sono state diffuse dal suo difensore di fiducia, l'avvocato Gennaro Lupo, che ieri ha avuto con lui una lunga conversazione. Oggi è prevista l'udienza di convalida del fermo: Caria non verrà interrogato, ma farà alcune dichiarazioni spontanee.
"Io stesso - ha detto Giulio al suo legale - ho visto i messaggi minacciosi ricevuti da Silvia. Erano di qualcuno che era riemerso dal suo passato, che lei conosceva e che la perseguitava. La polizia guardi le mail, Facebook, e le telefonate". Secondo Caria, è solo lì che si potrà trovare la verità sulla fine di Silvia.
L'uomo è stato incarcerato con l'accusa di omicidio volontario e di occultamento di cadavere, ma lui respinge qualsiasi addebito: "Io ho visto Silvia l'ultima volta il 16 giugno, quando l'ho accompagnata in stazione a Bologna perché mi aveva detto che sarebbe andata a Canicattì da una parente. Forse non voleva andare in Sicilia, ma doveva incontrare la persona che poi l'ha uccisa".
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