Nell'ultima intervista rilasciata a luglio al suo avvocato, l'ex capitano delle SS spiegava: "L'Olocausto è stato una messinscena degli americani"
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Sono sette pagine fittissime quelle che Erik Priebke ha lasciato all'avvocato Paolo Giachini in occasione dei suoi cento anni. Una testimonianza che oggi ha tutto il valore di un testamento. Non c'è ombra di pentimento, semmai l'ennesima prova di lealtà al nazismo. "La fedeltà al proprio passato - chiarisce subito - è qualche cosa che ha a che fare con le nostre convinzioni. Si tratta del mio modo di vedere il mondo, i miei ideali, quello che per noi tedeschi fu la Weltanschauung ed ancora ha a che fare con il senso dell'amor proprio e dell'onore. La politica è un'altra questione. Il Nazionalsocialismo è scomparso con la sconfitta e oggi non avrebbe comunque nessuna possibilità di tornare", è scomparso con la sconfitta e oggi non avrebbe comunque nessuna possibilità di tornare".
Perché riaprire vecchie ferite allora? "Certo, per quello che ho detto posso essere incriminato, la mia situazione potrebbe addirittura ancora peggiorare ma dovevo raccontare le cose come sono realmente state, il coraggio della sincerità era un dovere nei confronti del mio paese, un contributo nel compimento dei miei cento anni per il riscatto e la dignità del mio popolo".
Alla domanda "lei minimizza la tragedia degli ebrei, l'Olocausto?" risponde in polemica con gli Stati Uniti: "C'è poco da minimizzare una tragedia è una tragedia. Si pone semmai un problema di verità storica. I vincitori del secondo conflitto mondiale avevano interesse a che non si dovesse chiedere conto dei loro crimini. Avevano raso al suolo intere città tedesche [...]: Amburgo, Lubecca, Berlino, Dresda e atnate altre città [...] Per questo era necessario inventare dei particolari crimini commessi dalla Germania e reclamizzarli tanto da presentare i tedeschi come creature del male e tutte le altre sciocchezze: soggetti da romanzo dell'orrore su cui Hollywood ha girato centinaia di film".
E le prove dell'Olocausto, come conciliare questa versione revisionista della storia con i documenti che provano l'esistenza dei campi di sterminio nazisti? Priebke risponde così: "Quei filmati sono una ulteriore prova della falsificazione: provengono quasi tutti dal campo di Bergen Belsen. Era un campo dove le autorità tedesche inviavano da altri campi gli internati inabili al lavoro. [...] Quei filmati risalgono a quando il campo fu devastato dall'epidemia di tifo, nell'aprile 1945, ed era ormai nelle mani degli alleati. Le riprese furono appositamente girate, per motivi propagandistici dal regista inglese Hitchcock, il maestro dell'horror. E' spaventoso il cinismo, la mancanza di senso di umanità con cui ancora oggi si specula con quelle immagini. Proiettate per anni dagli schermi televisivi, con sottofondi musicali angoscianti, si è ingannato il pubblico associando, con spietata astuzia, quelle scene terribili alle camere a gas, con cui non avevano invece nulla a che fare. Un falso!"
Una piena negazione della Shoa, quindi? Si difende così l'ex SS: "Non capisco perfettamente cosa si intenda per revisionismo. Se parliamo del processo di Norimberga del 1945 allora posso dirle che fu una cosa incredibile, un grande palcoscenico creato a posta per disumanizzare di fronte a|l'opinione pubblica mondiale il popolo tedesco e i suoi capi. Per infierire sullo sconfitto oramai impossibilitato a difendersi". E ancora sui campi di concentramento specifica: "In quegli anni terribili di guerra, rinchiudere nei lager (in italiano sono i campi di concentramento) popolazioni civili che rappresentavano un pericolo per la sicurezza nazionale era una cosa normale. Nell'ultimo conflitto mondiale lo hanno fatto sia i russi che gli Usa. Questi ultimi in particolare con i cittadini americani di origine orientale".
Tutte false le prove usate contro gli aguzzini nazisti: "A Norimberga sono state inventate una infinità di accuse, per quanto riguarda quella che nei campi di concentramento vi fossero camere a gas aspettiamo ancora le prove. Nei campi i detenuti lavoravano. Molti uscivano dal lager per il lavoro e vi facevano ritorno la sera. II bisogno di forza lavoro durante la guerra è incompatibile con la possibilità che allo stesso tempo, in qualche punto del campo, vi fossero file di persone che andavano alla gasazione. L'attività di una camera a gas è invasiva nell'ambiente, terribilmente pericolosa anche al suo esterno, mortale. L'idea di mandare a morte milioni di persone in questo modo, nello stesso luogo dove altri vivono e lavorano senza che si accorgano di nulla e pazzesca, difficilmente realizzabile anche sul piano pratico".
E sugli ebrei continua a essere critico: "E' un fatto che ancora oggi, se prendiamo le mille persone più ricche e potenti del mondo, dobbiamo constatare che una notevole parte di loro sono ebrei, banchieri o azionisti di maggioranza di imprese multinazionali. [...] Basta leggere Shakespeare o Dostoevskij per capire che simili problemi con gli ebrei sono storicamente effettivamente esistiti, da Venezia a San Pietroburgo. Questo non significa che tra gli ebrei non ci siano persone perbene. Ripeto, antisemitismo vuol dire odio, odio indiscriminato. Io anche in questi ultimi anni della mia persecuzione, da vecchio, privato della libertà, ho sempre rifiutato l'odio. Non ho mai voluto odiare nemmeno chi mi ha odiato. Parlo solo di diritto di critica e ne sto spiegando i motivi. [...] L'inganno sta proprio nel far credere alla gente che chi, ad esempio, si oppone al colonialismo israeliano e al sionismo in Palestina sia antisemita, chi si permette di criticare gli ebrei sia sempre e comunque antisemita, chi osa chiedere le prove della esistenza di queste camere a gas nei campi dl concentramento, è come se approvasse una idea di sterminio degli ebrei. Si tratta di una falsificazione vergognosa. Proprio queste leggi dimostrano la paura che la verità venga a galla. Ovviamente si teme che dopo la campagna propagandistica fatta di emozioni, gli storici si interroghino sulle prove, gli studiosi si rendano conto delle mistificazioni. Proprio queste leggi apriranno gli occhi a chi ancora crede nella libertà di pensiero e nella importanza della indipendenza nella ricerca storica."