Una donna, accusata di essere una "cicciona" viene lasciata a casa dalla fabbrica in cui lavorava. Intervengono sindacato e medici: l'azienda fa un passo indietro
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Notizie che hanno del clamoroso quasi al limite della realtà. Il quotidiano "la tribuna di Treviso" racconta la vicenda di una lavoratrice cacciata per le sue dimensioni giudicate eccessive. Questo caso, avvenuto in un'azienda di Vittorio Veneto, smuove le critiche dei cittadini che invocano la discriminazione. L'operaia, lasciata a casa settimana scorsa, grazie all'intervento del medico e del sindacato, è rientrata al suo lavoro in fabbrica.
Peso eccessivo - Incomincia tutto il 17 ottobre quando, il medico del lavoro dell'azienda, stabilisce l'inindoneità al lavoro dell'operaia. Tra le giustificazioni c'era specificato che il suo peso eccessivo non le avrebbe permesso di svolgere il compito per cui era stata assunta. Per qualsiasi donna, sentirsi chiamare "cicciona" non è mai bello, figuriamoci essere allontanati dal proprio lavoro per un motivo del genere che effetti psicologici possono ripercuotersi.
Combatte per tornare - Troppo grassa per lavorare? No, giustamente la donna non ci sta e lotta per il suo posto e i suoi diritti. Prima la fabbrica ci prova invitandola ad accettare la messa in mobilità volontaria, poi le offre un incentivo all'uscita e, infine, viene sospesa con tre giorni di ferie. La single ultraquarantenne decide di verificare la legittimità di quanto le stava accadendo: si rivolge alla Cgil e a uno dei medici dello Spisal. Quest'ultimo annulla il certificato redatto dall'azienda e viene intimata la reintegrazione. Ora il "caso" è sotto esame del direttivo della Fiom Cgil di Treviso.