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L'imprenditore che vive per strada: "Io vittima di malagiustizia e tasse"

Enzo Prosperi vive in piazza Duomo a Milano grazie alla solidarietà dei passanti. Ha perso le sue attività per i cavilli burocratici e una condanna per truffa. "In realtà - racconta - sono stato io la vittima del raggiro"

13 Nov 2013 - 19:53
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"Nel nostro Paese", racconta Enzo Prosperi, "non si può essere imprenditori onesti. Se si è onesti, si chiude o ci si uccide". Lui ha optato per la prima soluzione, ma solo quando un accanimento giudiziario e mille cavilli burocratici gli hanno precluso ogni alternativa. Oggi è costretto a protestare in piazza.

Davanti al Duomo di Milano ha installato un sit-in permanente: incontra persone, racconta la sua storia, raccoglie le donazioni di chi vuole dargli una mano. A fargli compagnia ci sono i suoi due cani, Lolly e Boris, la giacca, la cravatta e la dignità che ha deciso di conservare nonostante tutto.

Come racconta alla testata online "L'intraprendente", la sua storia inizia nel 1989. Prima funzionario FIninvest e direttore tecnico del telegiornale di Indro Montanelli, si mette in proprio e crea allora una società di produzione di programmi tv e documentari medico-scientifici. Ma la riforma sanitaria dell'allora ministro De Lorenzo taglia i fondi degli ospedali che non gli comprano più i filmati. E' costretto a chiudere e vendere l'azienda.

Decide allora di mettere su un supermercato, ad Arezzo, ma i cavilli burocratici gli fanno ritardare l'apertura e perder così sei milioni di lire di affitto del locale. Quando riesce a inaugurare lo store e a far decollare gli affari, a truffarlo ci pensa la società che cura il bilancio: dichiara fallimento e riceve un'accusa di truffa. Da vittima diventa reo.

Il calvario giudiziario che segue gli porta via tutto, persino la moglie lo lascia: sconta una pena ai servizi sociali ma la sua fedina penale è sporca così il posto da autista di pullman è presto perduto. Vive con una pensione di invalidità civile da 260 euro. E' il 2005 e nonostante tutto Prosperi non si dà per vinto: dopo l'ennesimo licenziamento perché risulta condannato per truffa, decide di ribellarsi.

Si incatena davanti al tribunale di Arezzo, poi davanti a quello di Milano, chiede ai politici e ai giudici di incontrarlo, di riaprire il processo, ma nessuno lo ascolta. A fine 2012 tenta il suicidio, davanti a Montecitorio, in pieno centro, a Roma. Viene denunciato per procurato allarme. 

Oggi vuole rappresentare l'urlo di un'intera categoria, quella imprenditoriale. La sua protesta in piazza Duomo vuole scuotere gli animi: per il prossimo 7 dicembre ha indetto una manifestazione intitolata "Riprendiamoci l'Italia", "un grido - spiega - affinché gli imprenditori si riprendano la loro azienda e l'Italia, un paese che può essere fonte di ricchezze impensabili. E' un atto di insofferenza contro questa politica inefficiente e dannosa, che contesteremo bruciando le nostre tessere elettorali".

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