Il pm di Milano contesta la manifestazione non autorizzata. In quell'occasione la deputata fu anche aggredita da un egiziano
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Il pm di Milano ha chiesto un mese di arresto e 100 euro di multa per Daniela Santanchè, imputata per manifestazione non autorizzata in merito alla protesta "antiburqa" tenuta il 20 settembre 2009 nel capoluogo lombardo. Il magistrato ha inoltre chiesto 2mila euro di multa per Ahmed El Badry, il cittadino egiziano che, quel giorno, aggredì la parlamentare colpendola allo sterno con un pugno. La sentenza è in programma per il 2 dicembre.
La Santanchè era presente al processo nella doppia veste di imputata e parte offesa. Il pm le ha contestato di essere stata "promotore" di quella manifestazione avvenuta senza aver inviato, con le modalità volute dalla legge, "una formale comunicazione" al Questore. Manifestazione organizzata nel giorno di chiusura del Ramadam e alla quale hanno partecipato 10/20 persone per protestare contro l'uso da parte delle donne musulmane del burqua, che ha definito in aula "una prigione portatile".
Come ha detto la stessa deputata davanti al giudice, quella mattina aveva avvertito "personalmente, chiamando dalla mia auto con il mio cellulare, il Questore". Una telefonata che annunciava il suo arrivo al presidio con tanto di scorta ma che, secondo il magistrato, non rientra nelle modalità volute dalla norma.
La procura non ha concesso le attenuanti generiche nè quelle della provocazione all'egiziano che quel giorno aveva sferrato un pugno nello sterno della Santanchè fino a farla accasciare al suolo e qualche ora dopo costringerla a una visita in ospedale (i medici stabilirono una prognosi di 20 giorni). Linea dura del pm contro l'islamico reo di aver colpito una persona, oltre tutto di sesso femminile, che esprimeva delle opinioni e senza alcun motivo.
Daniela Santanchè, nel rendere esame, ha ripetuto la versione che ha sempre dato della vicenda sostenendo ancora una volta di essersi recata alla Fabbrica del Vapore proprio durante la preghiera per la fine del Ramadam, per vedere "di persona" se le donne islamiche rispettavano la "legge dello Stato Italiano" che impedisce di andare per strada con il volto coperto. E poichè quel giorno aveva visto "decine di donne con il burqua", ne nacque una discussione con gli uomini della comunità musulmana che l'avrebbero anche insultata. "Ma io ero andata là per dire loro che la legge va rispettata e per cercare di dialogare - ha sottolineato - con gli uomini e le donne musulmane". In aula si ritornerà il 2 dicembre, giorno in cui ci dovrebbe essere emessa la sentenza.