Prima di Fausta Bonino sono diverse le vicende simili nei reparti d'ospedale
Il caso dell'infermiera di Piombino, arrestata per aver ucciso 13 pazienti, è l'ultimo di una lunga serie in Italia. Il primo caso risale al dicembre del 1992. Da allora si contano almeno sei vicende di "angeli della morte" che si aggirano tra i letti dei reparti ospedalieri nel nostro Paese.
Antonio Busnelli fu incarcerato con l'accusa di omicidio volontario plurimo nel 1992. Dagli accertamenti emerse che l'uomo, infermiere di 48 anni all'Ospedale milanese Fatebenefratelli nel reparto Rianimazione, somministrava alle sue vittime l'Isoptin, un vasodilatatore. Sposato, con una figlia, si scoprì che l'uomo arrotondava lavorando in nero per un'impresa di pompe funebri, con la quale collaborava nella preparazione delle salme e delle esequie. Venne condannato a 16 anni e 8 mesi.
Alfonso De Martino, infermiere professionale nel reparto di Medicina generale dell'ospedale di Albano Laziale, sui Castelli romani, fu incriminato per omicidio plurimo volontario. Venne incastrato grazie alla testimonianza di un dipendente dell'ospedale che, il 17 febbraio 1993, lo vide aggiungere sostanze non prescritte dai medici nella flebo di un paziente, che morì pochi minuti dopo. Gli omicidi (tre uomini e una donna) avvennero tra il 1990 e il 1993 con un micidiale cocktail di Citrosil azzurro (un disinfettante usato normalmente in corsia) e Pavulon, un potente anestetico. Venne chiamato "infermiere satanista" e nel 1995 fu condannato all'ergastolo.
Angelo Stazzi, lavorava come infermiere part-time nella casa di cura Villa Alex di Sant'Angelo Romano, alle porte di Roma, mentre era già in pensione. Fu accusato di sette omicidi nel 2009. Iniettava ai pazienti psicofarmaci per abbassarne le difese immunitarie e poi somministrava loro massicce dosi di insulina. Nel 2015 fu condannato all'ergastolo. In precedenza in servizio al Gemelli, Stazzi sta scontando in carcere altri 24 anni di carcere (divenuti definitivi in Cassazione) per l'omicidio di una collega, Maria Teresa dell'Unto, 58 anni.
Sonya Caleffi, infermiera professionale all'ospedale "Manzoni" di Lecco nel 2004, iniettava bolle d'aria ai pazienti per creare l'emergenza e poi intervenire, risolvendo il caso. Confessò di aver ucciso per "il bisogno di sentirmi importante... io praticavo quegli interventi perché mi piaceva che tutti accorressero in tempo a salvare i pazienti". A lei, 46 anni, di Como, furono attribuiti tra i 15 e i 18 omicidi, di cui 5 accertati. Il 3 marzo 2008 la Corte d'assise d'appello di Milano confermò la condanna di primo grado a 20 anni di reclusione, anche se il procuratore generale aveva chiesto l'ergastolo, ma il rito abbreviato ha ridotto la condanna. Il 10 maggio 2008 comparve per la prima volta davanti alle telecamere di Rai 3 sul programma "Storie maledette" intervistata da Franca Leosini al carcere di San Vittore riflettendo sugli anni bui della sua vita.
Daniela Poggiali è stata condannata all'ergastolo il 16 marzo per aver ucciso una paziente di 78 anni l'8 aprile 2014 iniettandole una dose di potassio. La foto dell'infermiera di Lugo, sorridente, che si scatta un selfie accanto al cadavere di un paziente, fece indignare tutta Italia. Il procuratore di Ravenna Alessandro Mancini ha detto che entro l'estate sarà chiusa l'inchiesta su altre dieci morti su cui ci sarebbero indizi precisi, gravi e concordanti.