cronaca

L'Indignato speciale

Sara, una storia che fa riflettere...

20 Mar 2006 - 15:33

Vi racconto la storia di Sara. Una donna di 96 anni, invalida civile totale. Da molto tempo era ricoverata in una clinica di Roma, assistita a carico del servizio sanitario nazionale. Un giorno l’anziana signora si è vista recapitare nella sua stanza d’ospedale una lettera. Il suo status di malata cronica lungodegente era stato trasformato in quello di “ricoverata presso residenza sanitaria assistita”, quindi d’ora in poi avrebbe dovuto pagare una retta all’amministrazione della clinica. Sara non aveva i mezzi necessari, si è rifiutata di pagare la retta.

La direzione della clinica ha deciso quindi di farla trasferire in un ospedale pubblico, il San Camillo.  Da qui la signora è stata spedita ad un’altra struttura, l’ospedale israelitico. Dopo dieci giorni è stata dimessa e rispedita alla clinica originaria, quella della retta per intenderci, però questa volta con il rinnovato status di lungodegente cronica e quindi a carico del servizio sanitario.

Brutta sorpresa per la povera Sara: la clinica ha rifiutato l’accoglienza perché nel frattempo il suo posto letto era stato occupato da un altro paziente. Secondo una circolare dell’Asl  “se un paziente in residenza sanitaria assistenziale viene ricoverata in ospedale dopo 10 giorni perde il posto letto”. Cerchiamo di capire meglio. Un malato cronico lungodegente è ricoverato in una clinica a spese del Ssn. Può accadere che durante la degenza abbia bisogno di un esame particolare, di cure più urgenti, di un intervento chirurgico, insomma di un qualcosa che la clinica non può fornire rispetto ad un ospedale o a un centro clinico particolare. Se ha la sfortuna di restare “fuori” dalla clinica in cui è lungodegente per più di dieci giorni, è fregato. Il suo letto va ad un altro malato. Sembra a dir poco incredibile ma è proprio così.

E la nostra vecchia signora Sara? Non sapendo dove sbatterla, termine forte ma appropriato , il “pacco” Sara è stato trasferito in un ospedale nel comune di Cassino, lontana dai pochi parenti che le sono rimasti, lontana dalla sua vita di sempre. Se ripercorriamo l’odissea della donna possiamo contare ben quattro trasferimenti nel giro di pochi giorni.
Qualcosa non va, vi pare? E’ vero che un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità ha posto il servizio italiano al terzo posto tra i paesi industrializzati; è vero che ogni giorno istituti e centri di ricerca delle nostre università o di iniziative private, portano agli onori dell’altare scoperte e ricerche di scienziati italiani, ma la storia di Sara, purtroppo, non è un caso isolato. 

Andrea Pamparana

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