Il ventiduenne nel 2012 andò a sbattere contro un cannone sparaneve ad Ovindoli. Il magistrato decise di assolvere dall'accusa di omicidio colposo i tre imprenditori che gestivano la pista dell'incidente
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Nel 2012 un ragazzo di 22 anni, Edoardo Sigismondi, si schianta contro un cannone innevatore a Ovindoli, in Abruzzo. Il giudice, Stefano Venturini, 56 anni, ex presidente di sezione al Tribunale di Avezzano, decide di assolvere dall'accusa di omicidio colposo i tre imprenditori che gestiscono la pista dove è avvenuto l'incidente. Dopo tempo, la Procura presenta ricorso e viene fuori che il magistrato nel tempo libero è insegnante di sci proprio nel circuito dei tre assolti. Il padre della vittima, Giuliano Sigismondi, ha presentato una denuncia al Consiglio superiore della magistratura.
Il dubbio è che Venturini avrebbe dovuto astenersi in quanto dipendente della scuola di sci “Tre nevi di Ovindoli”. Nel ricorso contro la sentenza, in effetti, il pm Guido Cocco ha sottolineato diverse incongruenze nel parere espresso. Il ragazzo aveva perso la vita scontrandosi con un cannone sparaneve senza protezione, la Procura di Avezzano aveva accertato la mancanza di misure di sicurezza nell’impianto e il dirigente della “Monte Magnolia Impianti srl”, Giancarlo Bartolotti, e i due responsabili della sicurezza, Massimiliano Bartolotti e Mauro Scipioni, erano finiti a giudizio. Ma il giudice aveva chiesto una nuova perizia, affidata a Enrico Mei, suo “compagno di scuola” specializzato in psichiatria. Mei era arrivato alla conclusione che a provocare la morte del ragazzo non fosse stato l’impatto con lo sparaneve ma con la pista ghiacciata.
La perizia collide però - fa notare il pm Cocco - con due testimonianze importanti. La prima è quella di Francesca Scoppetta, un’amica di Edoardo Sigismondi, nonché la prima a prestargli soccorso, che riferì che il ragazzo dopo lo scontro con il cannone aveva “cominciato a perdere sangue dal naso e in grandissima quantità dall’orecchio sinistro”. E questo dimostrerebbe che la morte è avvenuta dopo l’impatto con il macchinario e non prima con il suolo. L’altra testimonianza è di Davide Palmieri, uno sciatore che aveva escluso con certezza che la neve potesse essere ghiacciata. L’ipotesi avanzata dal pm nel ricorso è che “la ricostruzione degli eventi che sembrava a Venturini più verosimile contrasti con le stesse leggi della cinetica”. Ora toccherà al Consiglio superiore della magistratura decidere se le scelte di Stefano Venturini e la conseguente sentenza siano state viziate dal conflitto di interessi.