Grazie ad un indagine iniziata nel 2015

Banda pakistana sfruttava clandestini nelle vigne di Sting

Le aziende si affidavano agli arrestati per la ricerca di lavoratori: nessuno sapeva che in realtà si trattava di caporalato

14 Ott 2016 - 10:39

La procura di Prato è riuscita a fermare un giro di caporalato dove un gruppo di pakistani capeggiati da italiani sfruttava clandestini per lavorare nei campi. Le aziende si affidavano alla banda per la ricerca di mano d'opera nelle vigne senza però sapere che nessuno di questi lavoratori era in regola. Tra le imprese coinvolte anche quella della star americana Sting, il cui coinvolgimento è stato fin da subito escluso.

L'operazione, chiamata "Numbar dar", ha portato allo smantellamento del caporalato e all'emissione di undici misure cautelari: cinque persone agli arresti domiciliari, tra cui tre amministratori dell'azienda agricola Coli spa di Tavarnelle Val di Pesa, Firenze, e sei con l'obbligo di dimora. Tra le accuse della procura c'è quella di associazione a delinquere finalizzata all'acquisizione di manodopera clandestina. Infatti la banda reclutava i clandestini che venivano sfruttati per lavorare quindici ore al giorno per 4 euro l'ora nelle aziende, completamente ignare di tutto. 

Grazie alla segnalazione di due lavoratori in nero le autorità, Polizia, Guardia di finanza, Forestali e Polstrada, coordinati dal sostituto procuratore Antonio Sangermano, hanno scoperto che tra il 2011 e 2016 il caporalato ha coinvolto decine e decine di clandestini impiegati nel Chianti. In particolare sarebbero stati utilizzati nei terreni della Coli spa dove gli amministratori erano "protagonisti e mandanti del sistema di reclutamento", come ha chiarito il procuratore capo Giuseppe Nicolosi.

Gli indagati sono, inoltre, accusati di intermediazione illecita nel reclutamento di cittadini extracomunitari, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, interramento di rifiuti speciali, emissione di fatture false, ostacolo alle indagini e frode in esercizio del commercio. Gli amministratori della Coli, inoltre, avrebbero utilizatto uve di altre regioni per produrre il Chianti mentre gli scarti della lavorazione erano smaltiti illegalmente. Oltre a ciò dopo l'arresto la primavera scorsa di Tariw Sikander, colui che guidava il gruppo dei pakistani, avrebbero cercato di intimidirlo per non essere coinvolti nelle indagini.

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