Il piccolo ha sconfitto sia la talassemia che il problema al polmone grazie all'amore del genitore che gli ha prima donato il midollo e poi una parte del polmone
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E' stato un trapianto di polmone storico quello avvenuto il 17 gennaio al Papa Giovanni XXIII di Bergamo: per la prima volta in Italia un donatore vivente ha ceduto un proprio organo. E ora, a distanza di poco più di un mese, i due pazienti tornano a casa. A rendere ancora più emozionante la storia sono i protagonisti, un padre e un figlio di soli 5 anni.
Le dimissioni, fa sapere l'Asst Bergamo, sono avvenute martedì 21 febbraio, a poco più di un mese dall'intervento. Il trapianto di polmone da donatore vivente, il primo in Italia per questo organo, era stato eseguito martedì 17 gennaio. Il donatore si chiama Ánduel. È un albanese di 34 anni ed è il padre di Mario (nome di fantasia che deriva dal personaggio di videogiochi tanto amato dal bimbo) di 5 anni. La moglie Ornéla ha da poco compiuto 35 anni. La storia inizia nell'estate 2018 quando mamma e figlio si sono trasferiti in Italia. All'epoca il bimbo aveva un anno. Pochi mesi dopo, li ha raggiunti Ánduel, dopo aver lasciato il lavoro di ingegnere edile in Albania.
Nel 2019 i genitori portano per la prima volta il figlio all'ospedale Meyer di Firenze per alcuni segnali di malessere, tra cui la febbre che non accenna a diminuire. Dopo gli esami, arriva la diagnosi di talassemia o anemia mediterranea, una patologia del sangue. Dopo due anni di trasfusioni di sangue periodiche, l'11 giugno 2021 si rende necessario un trapianto di midollo.
Nonostante la buona riuscita del trapianto, proprio questa donazione del midollo dal padre, con conseguente "trasferimento" del sistema immunitario del genitore sul figlio, genera la cosiddetta malattia da trapianto contro l'ospite (Graft versus Host Disease, GvHD), una grave complicanza che si osserva nei pazienti sottoposti a trapianto allogenico. Si tratta di una complessa reazione immunitaria, dove le cellule trapiantate provenienti dal donatore "attaccano" gli organi e i tessuti del ricevente, che il nuovo sistema immunitario non riesce a riconoscere come propri. Questa malattia, cui si somma l'effetto dei farmaci utilizzati per il trapianto, danneggia i polmoni al punto che il bambino stava perdendo completamente la capacità di respirare in modo autonomo. Questo danno risulta irreversibile. Per lui non rimane alcuna speranza di sopravvivere, se non quella di un trapianto di polmoni. Nell'autunno del 2022 gli specialisti dell'ospedale Meyer di Firenze contattano il Papa Giovanni XXIII di Bergamo per valutare ed eventualmente inserire il bambino in lista per il trapianto di polmone.
Il 1° dicembre 2022 la famiglia arriva a Bergamo all'ospedale Papa Giovanni XXIII per eseguire tutti gli accertamenti in preparazione del trapianto polmonare. Il bimbo è ricoverato nel reparto di Pediatria, diretta da Lorenzo D'Antiga, un centro di riferimento per le malattie che riguardano il fegato nei bambini, uno tra i pochi in Europa per la gestione del paziente in età pediatrica prima e dopo il trapianto di fegato e per alcune patologie epatiche rare. Ad accogliere Mario è la sezione di Epatologia e Gastroenterologia pediatrica e dei trapianti, specializzata nella gestione del paziente pediatrico sottoposto a trapianto per qualsiasi organo solido (fatta eccezione per il cuore). Il bambino si presenta in buone condizioni, ma ha bisogno continuativo di ossigeno ad alti flussi, cioè di un sistema di assistenza respiratoria non invasiva, gestito anche grazie all'esperienza maturata dal personale infermieristico durante il periodo pandemico.
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Durante la discussione del team multidisciplinare dei trapianti pediatrici, Michele Colledan, professore di Chirurgia all'Università di Milano-Bicocca, mette in evidenza l'enorme vantaggio rappresentato da un trapianto con un organo donato dal padre, che ha già donato il midollo e quindi trasferito la sua immunità al figlio. Questo avrebbe eliminato il rischio di rigetto. Nonostante al Papa Giovanni questa strategia sia stata già adottata per il trapianto di fegato, nel caso del polmone tale intervento non era mai stato fatto in Italia ed aveva pochissimi precedenti in Europa, a causa della grande difficoltà tecnica e della rarità di tale situazione. Dopo dettagliata discussione e disanima di tutti gli aspetti, tutto il team concorda per questo tipo di approccio.
Michele Colledan spiega ai genitori di Mario che trapiantare al bambino, al posto del suo polmone destro, il lobo inferiore del polmone destro del padre, sarebbe stato sufficiente a salvargli la vita con un organo che non sarebbe mai stato rigettato. Un altro vantaggio rispetto alla donazione da deceduto è rappresentato dal fattore tempo, con la possibilità di programmare l'intervento in poche settimane anziché aspettare la chiamata dalla lista d'attesa. I tempi di medi a livello nazionale per un trapianto di polmone, per casi non in urgenza, sono di 2,6 anni. Colledan prospetta ai genitori anche i possibili rischi del duplice intervento, sia sul padre-donatore, sia per il figlio-ricevente. Viste le condizioni del bambino, in questo caso il bilancio tra rischi e potenziali benefici fanno propendere nettamente in favore di questi ultimi.
I genitori di Mario non attendono neanche un istante e si dicono immediatamente pronti a fare tutto il necessario pur di salvare la vita al figlio. Subito iniziano gli esami preparatori in vista del duplice intervento di prelievo e di trapianto. Il padre del bambino viene quindi seguito dalla Pneumologia, che offre la propria consulenza al team trapianti in vista della preparazione dell'intervento sul padre. La famiglia trascorre il Natale all'ospedale di Bergamo. Il 30 dicembre lasciano Bergamo ed il Papa Giovanni XXIII in attesa di essere richiamata per l'intervento cosa che avviene il 16 gennaio. Il trapianto viene eseguito martedì 17 gennaio 2023 in due sale chirurgiche adiacenti, che lavorarono in parallelo. L'intervento è guidato e coordinato da Michele Colledan, che effettua il trapianto sul bambino, mentre Alessandro Lucianetti, direttore della Chirurgia generale 1 - addominale toracica, esegue il prelievo del lobo polmonare destro dal padre donatore.
Il bambino resta ricoverato per due settimane nella Terapia intensiva pediatrica. Otto giorni dopo il trapianto Mario raggiunge l'autonomia respiratoria con sospensione della ventilazione invasiva. Come avviene con tutti i pazienti del reparto, la madre ha libero accesso fin dal giorno successivo al ricovero. Una volta sospesa la sedazione la madre ha la possibilità di rimanere accanto al figlio giorno e notte. Il papà ha potuto rivedere il figlio dopo circa una settimana, cioè dopo essersi ristabilito dall'intervento. Il bimbo viene trasferito in degenza ordinaria il 1° febbraio in Pediatria, nello stesso reparto che lo ha seguito a dicembre. Si trova in ottime condizioni generali. Il decorso clinico è molto lineare. Mario ricomincia le sue normali attività senza bisogno di alcun sostegno respiratorio, grazie al suo nuovo polmone donato dal padre, perfettamente funzionante. I genitori hanno potuto essere presenti in camera ad assistere il bambino per tutto il periodo della degenza.
Mario resterà per qualche tempo a Bergamo per sottoporsi ai controlli post-trapianto. Poi potrà tornare a casa e ricominciare una vita normale. La sola limitazione per il padre riguarda una riduzione del 20% del volume polmonare complessivo. Va però considerato che le normali riserve polmonari di un uomo adulto consentono, nonostante questa limitazione, non solo di condurre una vita del tutto normale, ma anche di eseguire attività sportiva. "Un lavoro di equipe in cui molti operatori in perfetta armonia e condivisione hanno raggiunto un risultato che conferma l'Ospedale Papa Giovanni di Bergamo tra le strutture di eccellenza sui trapianti a livello nazionale e non solo", ha commentato Maria Beatrice Stasi, direttrice generale ASST Papa Giovanni XXIII. "Desidero rivolgere un pensiero affettuoso al piccolo 'Mario' e alla sua famiglia augurando una vita piena e gioiosa. Credo che qui abbiamo fatto una cosa 'grande', che gratifica di tanto impegno e sacrifici il nostro personale e mostra nella sua forma più bella la dedizione ai pazienti del nostro Servizio Sanitario".
"Vedere un bambino tornare a respirare autonomamente dopo un trapianto e vederlo uscire dall'ospedale è ciò che rende il nostro lavoro davvero unico", ha aggiunto Fabio Pezzoli, direttore sanitario ASST Papa Giovanni XXIII. "È significativo che cio' sia avvenuto proprio a Bergamo, a tre anni esatti dallo scoppio di una pandemia che ha tolto il respiro a tanti nostri cari. Quello di Mario è certo un caso particolare, avendo ricevuto un dono speciale da suo padre vivente. Ma la sua storia è la testimonianza di quanto sia importante scegliere di donare i propri organi dopo la morte. Questo ha permesso ai nostri professionisti, nel corso di un’attività quasi quarantennale, di trasformare il dolore di una perdita in una possibilità di cura per migliaia di bambini ed adulti che non avevano alternative terapeutiche e in una possibilità di salvare vite umane", ha concluso.