Efficace sul 90% dei pazienti trattati in una sperimentazione pubblicata sul New England Journal of Medicine
Si accendono le speranze sulla possibilità di guarire i pazienti con beta talassemia. Una sperimentazione clinica pubblicata sul New England Journal of Medicine ha mostrato come il 90% dei malati trattati con un approccio di terapia genica non ha bisogno delle trasfusioni. Primo firmatario della ricerca è Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Onco-Ematologia e Terapia Cellulare e Genica dell'Ospedale Bambino Gesù di Roma.
La beta talassemia, nota anche come anemia mediterranea, è dovuta a mutazioni a carico del gene HBB che possono causare una ridotta o assente sintesi delle catene beta dell'emoglobuline. Questo causa un'anemia potenzialmente letale che deve essere curata con trasfusioni regolari. La terapia genica oggetto di studio si chiama Betibeglogene autotemcel (beti-cel) e corregge questo difetto nelle cellule staminali ematopoietiche (cioè coinvolte nel processo di produzione delle cellule del sangue) del paziente aggiungendo copie funzionanti del gene.
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La sperimentazione è partita nel 2016 ed è stata condotta in nove centri tra Italia, Francia, Germania, Tailandia, Regno Unito e Usa. Ha coinvolto 23 pazienti con beta talassemia dipendenti dalla trasfusione: 8 bambini con meno di 12 anni e 15 persone dai 12 ai 50 anni. Il Bambin Gesù di Roma ha contribuito in maniera consistente, trattando un terzo dei pazienti arruolati. I risultati del trial hanno mostrato che il trattamento - dice Locatelli - "è in grado di determinare l'indipendenza trasfusionale nel 90% dei soggetti trattati. È stato inoltre in grado di determinare il raggiungimento di valori di emoglobina molto consistenti in una percentuale elevata dei pazienti che hanno ottenuto l'indipendenza trasfusionale. Questo risultato è persistente nel tempo. Quando si hanno dei dati di follow up così importanti si può parlare di guarigione", aggiunge.
Attualmente la terapia betibeglogene autotemcel è approvata dall'Ema per le persone dai 12 in su con una specifica caratteristica genetica (genotipo non-beta0/beta0) che hanno bisogno di trasfusioni e non abbiano condizioni incompatibili con il trapianto (per esempio problemi cardiaci o epatici). Lo studio ha però mostrato ottimi risultati anche nei bambini con meno di 12 anni: "È quindi prevedibile che le agenzie regolatorie estendano le indicazioni anche ai bambini più piccoli", afferma ancora Locatelli. L'accesso al farmaco, tuttavia, al momento è complicato da disaccordi sul prezzo di rimborso tra l'azienda che ha sviluppato il prodotto e le agenzie del farmaco europee.