Parla lo psicoterapeuta assolto in via definitiva dalle accuse nel processo sui presunti affidi illeciti nella Val d'Enza reggiana
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"Quando c'è una persecuzione mediatica e politica di questo tipo non si può che essere preoccupati. L'assoluzione è stata un momento di sollievo e felicità". Claudio Foti, lo psicologo e psicoterapeuta del caso Bibbiano, si sfoga dopo la decisione della Cassazione che ha ribadito la sua assoluzione, ora in via definitiva, dalle accuse che gli venivano rivolte nel processo sui presunti affidi illeciti nella Val d'Enza reggiana. "Quando mi hanno arrestato, la prima persona a cui ho pensato è stato Enzo Tortora - dice in un'intervista al Corriere della Sera -. Ho subito preso precauzioni, soprattutto dal punto di vista psicologico, perché ho sempre avuto la preoccupazione di ammalarmi".
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In questi anni, spiega Foti, "c’è stata la distruzione della mia immagine professionale, il 95% del mio lavoro è venuto meno. Ma è stata dura anche sul piano personale perché, mio malgrado, sono diventato una delle persone più infangate e deturpate sul piano mediatico degli ultimi anni. Su di me è stato detto di tutto: che inseguivo i bambini per spaventarli, che facevo l’elettroshock".
Il timore più grande, ammette lo psicologo, è sempre stato quello di ammalarsi, proprio come accadde a Tortora. "Lo stress da ingiustizia giudiziaria è una delle forme più logoranti, specie se coltivato insieme a risentimento e sfiducia nel poter ricevere una riparazione". Mi hanno salvato "la mia autostima, i miei valori e la rappresentazione che ho sempre conservato di me stesso. E le persone che mi sono state vicino, ovvero i miei ex pazienti, coloro che mi hanno visto concretamente lavorare. Mi sono anche protetto, per esempio, non leggendo più i giornali per certi periodi. Tuttavia ho sofferto, ho pianto tanto, ma sono sopravvissuto imparando dalla sofferenza".