© Ansa | La vittima, Gabriele Maffeo
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La vittima è un uomo di 33 anni. Il corpo è stato scoperto da una donna che stava per gettare la spazzatura
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È del 33enne Gabriele Maffeo il cadavere trovato a Chiavazza di Biella in un cassonetto di rifiuti alla periferia della cittadina. La vittima aveva la testa chiusa in una calza di nylon. Per l'omicidio nella notte la squadra mobile ha fermato quattro persone, tre uomini e una donna. Il corpo è stato scoperto da una donna che ha aperto il cassonetto per gettare la spazzatura.
La vittima era nota alle forze dell'ordine e residente nel Biellese. Il suo corpo presentava diverse ecchimosi, mentre il volto era completamente tumefatto con ferite alle sopracciglia, come se fosse stato sottoposto a un vero pestaggio.
Le indagini della procura e della squadra mobile della questura di Biella, durate tutta la notte, hanno portato all'arresto di tre uomini di 32, 24 e 42 anni e di una donna di 34. Sono tutti residenti nel Biellese, uno nello stesso quartiere dove è stato trovato il corpo. Ora si trovano in carcere a Biella e Vercelli. L'accusa nei loro confronti è di omicidio e soppressione di cadavere.
Non sono ancora stati chiariti i motivi del delitto. Una delle ipotesi è che possa essere legato allo spaccio di droga.
"Quando ho letto che Gabriele era morto e ho visto dove era stato trovato il suo corpo ho pensato di sapere immediatamente i nomi dei due colpevoli", ha raccontato, chiedendo di restare anonima, un'amica di Gabriele Maffeo. "La coppia che è stata fermata è una coppia di spacciatori conosciuti da tutti qui a Biella. Forse Gabriele doveva dargli dei soldi. Immagino anche che gli altri due ragazzi fermati fossero lì presenti in casa come clienti e probabilmente si sono trovati in mezzo a questa storia. Perché lì si spacciava e spesso facevano fermare qualcuno a consumare nell'appartamento".
"Gabriele era un bonaccione, un ragazzo davvero dolce e a volte anche un po' ingenuo", ha detto ancora l'amica. "Ha sempre lavorato ed è sempre stata una persona molto onesta. Poi purtroppo ha conosciuto la droga ma per il bene di suo figlio, di se stesso e della sua famiglia aveva intrapreso un percorso di crescita e di rinascita abbandonando la dipendenza. Erano mesi, quasi un anno, che non era più coinvolto in certe cose ed era fuori da Biella. In tanti gli dicevamo di non tornarci qui, che stava facendo bene, che finalmente stava bene ed era felice di poter vedere crescere suo figlio e poter costruire un rapporto con lui", ha aggiunto ancora. "Poi però è tornato, non so se fosse di nuovo caduto nella dipendenza. Non era un santo ma non era una persona cattiva e voleva riprendere in mano la sua vita. È tornato in città e ha incontrato purtroppo le persone che frequentava in precedenza e chissà cosa è successo dentro quella casa. Non si può morire così", ha concluso.