La Procura indaga sui presunti comportamenti fuorilegge attuati nei confronti di almeno tre detenuti.
Una nuova inchiesta si abbatte sul carcere di Biella. Stavolta la Procura indaga per il reato di torture. Un commissario della polizia penitenziaria è agli arresti domiciliari e altri ventisette agenti della casa circondariale rischiano la sospensione: la decisione spetta al gip dopo i primi interrogatori in programma nei prossimi giorni. Il personale del penitenziario era stato già decimato da altre inchieste: sull'uso illecito di tamponi destinati ai detenuti e sul presunto traffico di droga all'interno delle mure carcerarie.
Tre detenuti sarebbero stati legati, gettati in cella e poi picchiati. Le indagini si concentrano su episodi risalenti all'estate scorsa. Le videocamere hanno ripreso l'arrivo in carcere, in evidente stato di agitazione, di un cittadino georgiano accusato di furto. L'uomo sarebbe stato messo a terra nel corridoio con gambe e braccia legate da corde. Il commissario che dirigeva l'operazione avrebbe zittito chi aveva provato a intervenire.
La segnalazione dei comportamenti illeciti alla Procura sarebbe arrivata dal Dap. L'attuale comandante della penitenziaria, Domenico La Gala, avrebbe aiutato i carabinieri a completare l'indagine. Sono stati visionati i filmati delle telecamere di sorveglianza e nell'inchiesta sono finiti sia gli agenti che hanno partecipato ai presunti pestaggi, sia quelli che non hanno fatto nulla per impedirli. Secondo gli inquirenti ci sarebbero altre due vittime accertate delle torture: due marocchini che avrebbero raccontato di essere stati percossi e di aver ricevuto dagli agenti anche l'offerta di droga, in cambio della fede nuziale.
Sul traffico di stupefacenti, cellulari e schede Sim nel penitenziario è già in corso da anni un'inchiesta della squadra mobile che ha portato a un arresto. Si tratta di un agente al quale in casa era stato trovato dello stupefacente, che aveva tentato di nascondere gettandolo dalla finestra. Altri ventidue indagati, invece, aspettano il rinvio a giudizio per lo scandalo dei "furbetti del tampone" sempre nella stessa casa circondariale. Quest'altra inchiesta ha coinvolto anche la precedente direttrice Tullia Ardito, poi trasferita al Marassi di Genova e la responsabile dell'infermeria Paola Zaldera. I tamponi destinati soltanto ai detenuti venivano utilizzati da agenti, infermieri, educatori, persino da familiari del personale, fatti entrare la sera in carcere senza permesso.