Maxi operazione dei carabinieri nelle province di Catanzaro, Vibo Valentia e Cosenza. L'indagine è coordinata dalla Dda di Catanzaro
In Calabria, i carabinieri del Comando Tutela Ambientale e Sicurezza Energetica e del Comando per la Tutela Forestale e dei Parchi hanno effettuato una maxi operazione nelle province di Catanzaro, Vibo Valentia e Cosenza. I militari hanno eseguito numerosi provvedimenti cautelari personali e reali, nell'ambito di un'indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Catanzaro su un rilevante inquinamento ambientale determinato dall'illecita gestione di molteplici impianti di depurazione a servizio dei Comuni calabresi. Nella cosiddetta operazione "Scirocco", sono stati impiegati 150 carabinieri.
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I carabinieri hanno scoperto l'esistenza di un'organizzazione finalizzata all'ottenimento di più commesse, all'esecuzione di appalti in frode ai contratti e alla commissione di reati ambientali derivanti dalla gestione di 34 depuratori a servizio di 40 comuni delle 5 province calabresi. I militari hanno arrestato 17 persone - 4 in carcere e 13 ai domiciliari - e notificato un obbligo di presentazione alla Pg.
Le accuse contestate sono, a vario titolo, associazione per delinquere, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, inquinamento ambientale e frode nelle pubbliche forniture. Tra i reati vi è una tentata estorsione aggravata dalla modalità mafiosa ai danni di un dipendente di una società che avrebbe subito una minaccia da parte di esponenti della consorteria di 'ndrangheta di Cirò Marina su commissione del proprio datore di lavoro per non farlo rivolgere ai sindacati per ottenere il pagamento di alcuni stipendi.
Nei confronti di altri 12 soggetti, tra cui 4 funzionari di enti locali, sono state emesse informazioni di garanzia. Il gip ha anche disposto il sequestro preventivo delle quote e del compendio aziendale di 6 società con sede in provincia di Catanzaro per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro.
Secondo l'accusa, i responsabili delle società avrebbero ottenuto illeciti profitti attraverso l'abbattimento dei costi di gestione dei depuratori, determinato principalmente dal parziale trattamento dei fanghi, nonché dalle mancate manutenzioni previste; la redazione di falsi Formulari di identificazione rifiuti con il fittizio conferimento di rifiuti in un impianto in un comune del Catanzarese; lo smaltimento illecito di ingenti quantitativi fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane, rifiuti della pulizia delle acque di scarico, fanghi delle fosse settiche, per più di 2mila tonnellate in un anno, che venivano conferiti nello stesso impianto, per una attività di trattamento, in realtà mai eseguita; la richiesta ad alcuni dei Comuni degli oneri per la manutenzione che doveva essere a carico della società. Tutto ciò, secondo l'accusa, avrebbe provocato il malfunzionamento di numerosi depuratori che, in 10 casi, avrebbe portato allo sversamento dei liquami non trattati nei terreni circostanti e in mare.
Nel corso delle indagini sono stati sequestrati 4 depuratori ed è stato effettuato l'accesso in 24 comuni da cui sono emersi diversi casi di frode ai danni della pubblica amministrazione con il concorso di funzionari pubblici. Un dato importante è emerso anche dai periodici monitoraggi effettuati da Legambiente sulla qualità del mare, dei laghi e delle coste.