Giudizi diversi dal tribunale della libertà per l'ex ministro dell'Interno e per la moglie dell'ex deputato e armatore
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Il tribunale della libertà di Reggio Calabria ha concesso gli arresti domiciliari all'ex ministro Claudio Scajola, coinvolto nel caso Matacena. Resta invece in carcere Chiara Rizzo, moglie di Amedeo Matacena, per la quale è stato rigettato il ricorso presentato dagli avvocati Alfredo Biondi e Candido Bonaventura. Scajola ha dunque lasciato il carcere per raggiungere la sua casa di Imperia.
L'ex ministro è uscito da Regina Coeli, dove si trovava dall'8 maggio, passando da una porta secondaria per evitare i giornalisti e le telecamere.
La richiesta della difesa - I legali di Scajola avevano chiesto la scarcerazione del loro assistito e di conseguenza gli arresti domiciliari. L'ex ministro era stato arrestato lo scorso 8 maggio nell'ambito dell'operazione Breakfast per procurata inosservanza di pena in favore dell'ex deputato Amedeo Matacena, condannato in via definitiva a 5 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa e fuggito a Dubai. I giudici del tribunale del Riesame si esprimeranno ancora su Scajola il 19 giugno nel valutare l'appello dei pm contro la decisione del Gip di non riconoscere l'aggravante del concorso esterno in associazione mafiosa chiesto dalla Dda per l'ex ministro.
"Mai fatto affari con alcuno" - Intanto, nell'interrogatorio del pm della Dda di Reggio Calabria e del sostituto procuratore nazionale antimafia Claudio Scajola si è difeso scrupolosamente negando in modo assoluto di aver mai fatto affari con alcuno ("l'ultima volta che ho comprato una casa ho fatto un casino"). L'ex ministro ha anche rivolto un invito "molto duro" a Chiara Rizzo a cercare di far rientrare in Italia il marito Amedeo Matacena.
"Lady Matacena, una donna sola" - Nell'interrogatorio del 16 maggio scorso l'ex ministro ha detto la sua verità sui rapporti con la Rizzo ("una donna che andava gestita perché era una donna sola, indifesa, scossa, incasinata"), con Matacena e con Vincenzo Speziali, l'imprenditore catanzarese nipote omonimo dell'ex senatore Pdl che vive in Libano, "aveva l'ambizione di fare il deputato", si presentò come il marito della nipote dell'ex presidente Libanese Amin Gemayel e prospettò l'ipotesi dell'asilo politico per Matacena a Beiurt. Speziali che, per la Dda, sarebbe stato l'elemento fondamentale per portare a termine il trasferimento di Matacena da Dubai a Beirut. "Se avessi parlato più chiaro - sembra lamentarsi con se stesso - non ci sarebbe tutta questa roba qua. Usavo un linguaggio che ha creato solo casino".
"La Rizzo mi sembrava in difficoltà economiche" - "La mia idea era che questa qui potesse trovarsi un suo lavoro, facesse una sua cosa", dice spiegando i suoi rapporti con la Rizzo aggiungendo che "la mia preoccupazione era sempre quella la grandissima difficoltà economica che mi pareva di arguire". Una rapporto, però, che si incrina per via di una Porsche Cayenne che la Rizzo sfoggia improvvisamente e che fa sorgere dei dubbi nell'ex ministro sul reale bisogno della donna. Vettura che, dice la Rizzo nel suo interrogatorio del 29 maggio le aveva regalato l'imprenditore Francesco Caltagirone Bellavista.