L'ex primo cittadino è accusato di diversi illeciti nella gestione dei migranti. Il suo modello di accoglienza era diventato famoso in tutto il mondo
Sette anni e undici mesi di reclusione: è la richiesta di condanna avanzata dal pm di Locri nei confronti dell'ex sindaco di Riace Domenico Lucano, nel processo "Xenia". L'ex primo cittadino è accusato di associazione a delinquere, abuso d'ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d'asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina per presunti illeciti nella gestione del sistema di accoglienza dei migranti.
"La richiesta così alta è l'ennesima dimostrazione che Riace e il modello che avevamo realizzato fanno paura. E' stato un ideale politico che vogliono distruggere. Non è un caso che comincia tutto nel 2016 quando l'area progressista apre le porte alla criminalizzazione della solidarietà in Italia e in Europa. Dopo arriva Salvini e completa l'opera. Non è nemmeno un caso che oggi a Riace l'accoglienza ancora resiste e la mission continua senza fondi pubblici e tra mille difficolta. Questa è la risposta più forte. Oggi è stata la giornata della Procura. Ma l'ultimo capitolo si deve ancora scrivere". Così Domenico Lucano.
"Accuse inventate" "Alcune accuse - è il commento dell'ex sindaco, che non era presente in aula, subito dopo la fine della requisitoria del pm - sono completamente inventate. Il profilo che hanno tratteggiato non corrisponde al mio. Non sono io quello che vogliono fare passare".
"Per me - prosegue - la politica è un ideale. Io ho solo creduto in un ideale. Ogni passo che ho fatto ha avuto queste motivazioni, per il riscatto delle persone che arrivano a Riace. La Procura insiste che io ho avuto motivazioni politiche legate a candidature. Quello che non dice il pm è che io non mi sono mai candidato se non al Comune di Riace rifiutando proposte come quella al Parlamento europeo, alle politiche e alle regionali. All'inizio mi hanno accusato di aver fatto sparire milioni di euro, poi il teorema della Procura è cambiato perché il dibattimento ha dimostrato che non era vero e così hanno ripiegato su motivazioni politiche inesistenti".