Il sindaco, oggi sospeso dalla carica, ha il divieto di dimora nel suo paese: "Vivo con disagio questa condizione, ho ricevuto anche minacce, ma la Calabria vuole ribellarsi alla criminalità"
"Vivo con disagio, non posso tornare al mio paese". Con queste parole il sindaco di Riace Mimmo Lucano, oggi sospeso dalla sua carica, è intervenuto a Tgcom24, evidenziando la sua attuale situazione in seguito al divieto di dimora a Riace dopo le accuse di favoreggiamento all’immigrazione clandestina. "In questo momento sono in giro per la Calabria, mi invitano in diversi posti a raccontare la mia storia, ma anche la mia esperienza. Le accuse che mi hanno mosso contro sono assurde – continua Lucano – ho ricevuto anche delle minacce negli anni scorsi, nel 2009 mi hanno bruciato la macchina e poi hanno ammazzato i cani di mio figlio. La Calabria però si vuole ribellare a tutto questo, non vuole essere una terra ad una sola dimensione, non deve lasciare spazio alla criminalità".
"In Calabria - ha detto ancora Lucano - il fenomeno della 'ndrangheta oltre ad avere mille facce ha anche delle evoluzioni. E' difficile che ti ammazzino, magari tentano di denigrarti. Loro puntano al consenso sociale, uccidere o fare cose eclatanti fa perdere il consenso sociale. Altro paradosso - ha aggiunto Lucano - è quello della raccolta differenziata dei rifiuti. Non è che l'appalto pubblico garantisce un'assoluta immunità. Non è così e proprio nel settore dei rifiuti le imprese che gestiscono a livello regionale sono legate al tessuto della criminalità organizzata. Utilizzando le cooperative sociali io avevo reso impenetrabile l'accesso della criminalità organizzata. Per un anno, da quando ho avuto l'avviso di garanzia, non riuscivo a capire il perché dell'accusa di concussione, poi caduta. Mi chiedevo: ma io sono capace davvero di fare queste cose? Allora tutta la mia vita l'ho vissuta senza comprendere manco me stesso. Dopo un anno ho scoperto che quella concussione in realtà l'avevo subita".