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Dopo il blitz del 19 dicembre 2019, alla sbarra 355 imputati dalle 'ndrine del Vibonese
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Era l'alba del 19 dicembre 2019 quando scattò il blitz di 3.000 carabinieri che avevano come obiettivo la cattura di oltre 300 tra boss e affiliati alle cosche della 'ndrangheta del Vibonese e dei loro collegamenti con il mondo istituzionale, politico, imprenditoriale e della massoneria deviata. A poco più di un anno di distanza, inizia in Calabria il processo più imponente mai celebrato alle 'ndrine: 355 imputati - altri 89 hanno scelto l'abbreviato e il processo inizierà il 27 gennaio, - centinaia di avvocati e parti civili.
I protagonisti - Per poterlo fare è stata realizzata a tempo di record un'aula bunker nell'area industriale di Lamezia Terme con il costante interessamento del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, che ha voluto così lanciare un segnale chiaro a tutti: "I calabresi non sono il popolo delle incompiute e quando ci si siede allo stesso tavolo e si è tutti dalla stessa parte è possibile realizzare opere complete dove si realizza una grande efficienza".
Il processo si tiene in Calabria, perché Gratteri vuole dare un altro messaggio: "La gente deve e può capire, senza alibi per nessuno, che si può fidare di noi, che possiamo dare delle risposte".
Una importanza sottolineata anche dalla presenza del presidente della Commissione antimafia Nicola Morra. Alla sbarra i presunti boss e affiliati alle più potenti cosche del Vibonese, a cominciare dai Mancuso dei Limbadi, in ottimi rapporti con i De Stefano di Reggio Calabria e i Piromalli di Gioia Tauro e a capo del "crimine" della provincia di Vibo Valentia con compiti di collegamento con la provincia di Reggio e il crimine di Polsi, vertice assoluto della 'ndrangheta unitaria.
Il processo ha richiamato a Lamezia anche troupe e giornalisti da vari Paesi europei. Ma per le telecamere l'ingresso è rimasto sbarrato - se non per pochi minuti prima dell'inizio dell'udienza - per disposizione del Tribunale di Vibo Valentia. Decisioni che ha provocato polemiche e proteste.
Già all'inizio, però, il maxiprocesso deve superare il primo scoglio. Manca infatti il collegio giudicante. Quello che si è presentato in aula ha già formalizzato la propria astensione. Decisione che ha fatto seguito alla ricusazione decisa dalla Corte d'appello su richiesta della Dda di Catanzaro del presidente Tiziana Macrì, che, in qualità di gip di Catanzaro, ha già trattato alcuni atti del processo.
La ricusazione della Corte, però, riguarda solo il processo con rito immediato - anch'esso al via - che interessa uno dei principali imputati, l'avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli. Per questo la Macrì ha annunciato l'astensione, ma si è presentata in aula.
Per la prossima udienza, fissata al 19 gennaio, il Tribunale dovrà provvedere a indicare un nuovo collegio. Sarà in quella data che i nuovi giudici dovranno valutare la richiesta della Dda di riunificare il troncone principale del processo e quello con l'immediato. Decisione a cui si è già opposto uno dei legali di Pittelli.
Nonostante il processo, di fatto, non sia ancora iniziato, comunque, già si vedono i segnali di quello che potrebbe essere il tono del dibattimento. Gratteri infatti ha anticipato il deposito del verbale di un pentito che ai pm ha dichiarato che una delle priorità delle difese di alcuni imputati sarebbe far procedere a rilento il dibattimento in modo da allungare i tempi e puntare alla scadenza dei termini di custodia cautelare.