Le parole della piccola sono state riferite in Tribunale da uno degli agenti di polizia intervenuti nell'ospedale Santobono dopo la morte di Giuseppe, ucciso a gennaio: "Dovete portare in prigione, mia madre chiama sempre i carabinieri"
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"Dovete portate in prigione mio padre, la sera beve la birra e ci picchia, e mamma deve chiamare i carabinieri". Sono le parole della sorellina di Giuseppe, il bimbo ucciso il 27 gennaio a Cardito (Napoli), riferite in aula da uno degli agenti di polizia intervenuti nell'ospedale Santobono. A processo ci sono Tony Essobti Badre e Valentina Casa, rispettivamente patrigno di Giuseppe e mamma del bimbo ucciso.
La bimba ha raccontato tutto al poliziotto mentre stava disegnando nel reparto dove è ricoverata e dove sarà sottoposta a un intervento per suturare una parte dell'orecchio parzialmente staccata, verosimilmente per le botte ricevute.
Vicina di casa in lacrime: "La bimba è irriconoscibile" - "Mi sembrava un mostro, era irriconoscibile. Non pensavo che una persona potesse arrivare a tanto". E' quanto ha affermato, in lacrime, una vicina di casa del piccolo Giuseppe. La donna fa riferimento al giorno in cui il bimbo venne ucciso, precisamente al momento in cui intervennero i sanitari del 118. "Quando ho visto la bambina - ha detto ancora la vicina - ho pensato a mio figlio che ha otto anni. Aveva i capelli strappati, dietro la nuca, l'ho vista per pochi istanti ma fa male ricordare".
La donna ha poi ricordato le volte che li vedeva andare a scuola: "avevano sempre gli occhi bassi, sembravano impauriti". Il giorno dell'omicidio, ha ricordato, "non mi è stato chiesto aiuto" e neppure "ho sentito urlare". La testimone ha poi confermato alcune dichiarazioni rese alle forze dell'ordine quando venne ascoltata nell'immediatezza dei fatti: "Quella era la casa degli orrori: Badre che urlava sempre tantissimo e diceva parolacce".