Sei degli arrestati erano già in carcere. A ordinare l'omicidio l'11 febbraio del 1989 fu Francesco "Sandokan" Schiavone
Dopo 27 anni anni sono stati arrestati gli uomini coinvolti nell'agguato in cui venne ucciso un vigile, Antonio Diana, "specchiettista" dei Casalesi, colpevole di aver tradito il clan camorristico. Era il 1989 e la vittima aveva 30 anni. Sei dei sette arrestati si trovavano già in carcere, tra loro la mente Francesco Schiavone, "Sandokan". Uno di loro invece era in libertà, e ora si trova agli arresti domiciliari. Indagine condotta dai carabinieri.
C'era anche il boss Antonio Iovine nel commando di fuoco che in un affollato sabato pomeriggio dell'11 febbraio 1989, a San Cipriano d'Aversa (Caserta) uccise Diana, classe 1959, su ordine di "Sandokan", all'epoca boss emergente, che riteneva la vittima coinvolta nell'omicidio di un suo uomo e legata al boss Antonio Bardellino.
A fare luce su questo assassinio è stato proprio Iovine, nella veste di collaboratore di giustizia. Diana, secondo quanto si è appreso dal pentito, sarebbe stato colui che "aveva dato la battuta", come dicono in gergo i camorristi, era stato cioè il componente della banda a cui era stato affidato il compito di segnalare ai killer la presenza dell'obiettivo.
l tutto avviene in un clima teso determinato dalla scissione del clan di Bardellino in cui nascono gruppi mafiosi antagonisti, tra i quali si inquadra quello di Sandokan, e in un contesto, quello di San Cipriano d'Aversa, dove la criminalita' organizzata controllava praticamente tutto l'apparato amministrativo della città. Come agente della Polizia Municipale, infatti, lavorava Giuseppe Iovine (fratello dell'ex boss Antonio) mentre il fratello di Giuseppe Caterino, detto Peppinotto, (colui che per Iovine era il vero sindaco di San Cipriano, ndr) altro elemento di spicco della mafia casalese, era responsabile dell'ufficio tecnico.