La sentenza del tribunale di Prato: paga il gestore che non ha prestato le cure al samoiedo che si è sentito male. C'è danno morale
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Una famiglia di Prato ha ottenuto un maxi-risarcimento di quasi 30mila euro per la morte della loro cagnolina, di razza samoiedo, avvenuta, secondo i giudici, a causa della negligenza del gestore di una pensione per cani a Calenzano. Il giudice ha riconosciuto il danno morale e patrimoniale, sottolineando l'importanza del legame affettivo tra la famiglia e il cane.
L'animale era stato affidato alla pensione, dove, purtroppo, è deceduto per diarrea e disidratazione, malattie che, secondo il Tribunale di Prato, avrebbero potuto essere evitate con un minimo di attenzione e cura. La sentenza, emessa dal giudice Giulia Simoni, sottolinea l'importanza del legame affettivo che la famiglia aveva con la cagnolina. Non si trattava solo di un animale domestico, ma di un membro a tutti gli effetti della famiglia, come testimoniato dalle numerose fotografie presentate in tribunale: immagini di compleanni celebrati insieme, momenti di gioco con i bambini, e persino la presenza del cane nel letto familiare.
Il giudice ha evidenziato come il gestore della pensione "non abbia approntato le misure necessarie per evitare che, anche in considerazione del clima, caratterizzato da elevate temperature, il cane si ammalasse, per esempio assicurandosi che le fosse somministrato cibo idoneo e che potesse abbeverarsi regolarmente con acqua fresca; una volta constatato che l'animale stava molto male nonostante le offerte di aiuto di una collaboratrice, non si è attivato per curarla né ha chiesto l'intervento di un veterinario". Il cane era stato poi ritrovato senza vita ricoperto con un telo in un campo. Una fine atroce che il gestore non aveva comunicato alla proprietaria. Era stata la polizia municipale ad avvertire la famiglia della morte del cane.
La sentenza è innovativa perché il giudice "ritiene che la perdita in questione possa determinare la lesione di un interesse della persona alla conservazione della propria sfera relazionale-affettiva, costituzionalmente tutelata, in quanto il rapporto tra padrone e animale costituisce occasione di completamento e sviluppo della personalità individuale". Il risarcimento comprende 1.300 euro di danno patrimoniale per il valore dell'animale stesso, e 6mila euro alla proprietaria per il danno non patrimoniale, con ulteriori 4mila euro ciascuno per il marito e i figli.
Il giudice ha voluto sottolineare come questa perdita abbia causato una "forte sofferenza e un profondo patema d'animo" alla famiglia, aggravato dal senso di "tradimento" dovuto alla negligenza del gestore, che non ha nemmeno informato tempestivamente la famiglia della morte dell'animale, lasciando che fosse la polizia municipale a dare la triste notizia.