Vietato l'esercizio dell'attività al rappresentante legale dell'azienda agricola. Oltre mille le posizioni lavorative irregolari
© ipa
In alcuni campi agricoli del Lodigiano venivano sfruttati oltre mille lavoratori, quasi tutti migranti, con un numero di ore di lavoro pari al doppio di quelle previste da contratto, con punte fino a 512 ore al mese. Per questo nei confronti del rappresentante legale di un'azienda agricola è stata emessa una misura cautelare che prevede il divieto per un anno di esercitare l'attività imprenditoriale in contrasto al fenomeno del caporalato. L'eccedenza di ore di lavoro non dichiarata ha portato a un'evasione contributiva e fiscale di circa 3 milioni di euro.
Le ipotesi investigative riguardano il sistematico ricorso all'utilizzo di manodopera irregolare per la coltivazione e raccolta di ortaggi. Ai lavoratori, quasi tutti di origine extracomunitaria, venivano infatti imposte ore di lavoro ben superiori alle 169 mensili previste dal Ccnl. Dalle indagini è infatti emerso che nei mesi della raccolta i dipendenti lavoravano, senza poter avere permessi o riposi, mediamente per un numero di ore mensili pari al doppio di quelle previste da contratto, con punte fino a 512 ore. Portando appunto a un'evasione da tre milioni di euro.
Questa eccedenza di ore di lavoro, non dichiarata ai competenti uffici finanziari e previdenziali, ha riguardato, dal 2017 al 2023, 1.054 posizioni lavorative irregolari. Secondo le indagini, l'imprenditore faceva leva sullo stato di necessità dei lavoratori, a molti dei quali venivano forniti alloggi precari, degradanti e sovraffollati. Ai lavoratori inoltre veniva anche fatta pagare una quota relativa alla concessione del posto letto e delle utenze attraverso la decurtazione dello stipendio.
Proprio questo quadro probatorio ha indotto l'autorità giudiziaria a formulare l'ipotesi di reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro a carico del rappresentante legale dell'azienda agricola.