Il giudice dovrà usare tutti gli strumenti, compresa una nuova rogatoria con l'Egitto, per rendere effettiva e non solo presunta la conoscenza agli imputati del procedimento a loro carico
Gli atti del processo agli 007 egiziani accusati di avere sequestrato e ucciso Giulio Regeni devono tornare al Gup. La decisione della III corte d'Assise di Roma è legata all'assenza in aula degli imputati, nodo affrontato nella prima udienza. Il Gup dovrà usare tutti gli strumenti, compresa una nuova rogatoria con l'Egitto, per rendere effettiva e non solo presunta la conoscenza agli imputati del procedimento a loro carico.
I giudici, dopo una camera di consiglio durata oltre cinque ore, hanno annullato l'atto con cui il Gup ha disposto il rinvio a giudizio degli imputati nel maggio scorso. Si riparte quindi dall'udienza preliminare.
Il nodo sulla presenza del generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif si annunciava complesso. A parere della corte d'Assise di Roma "il decreto che disponeva il giudizio era stato notificato agli imputati comunque non presenti all'udienza preliminare mediante consegna di copia dell'atto ai difensori di ufficio nominati, sul presupposto che si fossero sottratti volontariamente alla conoscenza di atti del procedimento".
Legale della famiglia: "Battuta di arresto, ma non ci arrendiamo" - "Riteniamo importante che il governo italiano abbia deciso di costituirsi parte civile. Prendiamo atto con amarezza della decisione della Corte che premia la prepotenza egiziana. È una battuta di arresto, ma non ci arrendiamo. Pretendiamo dalla nostra giustizia che chi ha torturato e ucciso Giulio non resti impunito. Chiedo a tutti voi di rendere noti i nomi dei 4 imputati e ribaditelo, così che non possano dire che non sapevano". Così l'avvocato Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni, lasciando l'aula bunker di Rebibbia al termine dell'udienza. Presenti accanto alla Ballerini anche Paola Deffendi e Claudio Regeni, genitori di Giulio e Irene, la sorella.
Fonti procura: "Sorpresa e amarezza per decisione" - La decisione dei giudici è stata accolta a piazzale Clodio con "sorpresa e amarezza". Fonti della procura affermano che "il tentativo di impedire che il processo si celebrasse non collaborando è andato a buon fine malgrado un lavoro intenso di oltre cinque anni che ha permesso l'identificazione dei presunti autori dei fatti". Le fonti giudiziarie "si augurano che riprendano con rinnovata determinazione le azioni, a tutti i livelli, per ottenere l'elezione di domicilio degli imputati così che il Gup cui la corte d'Assise ha rimesso gli atti possa riavviare il processo al più presto".
Giudici: "Imputati non raggiunti da alcun atto ufficiale" - Gli 007 egiziani "non sono stati raggiunti da alcun atto ufficiale". E' un passaggio dell'ordinanza dei giudici della III corte d'Assise che ha annullato il rinvio a giudizio disposto dal Gup a maggio. "Le richieste inoltrate tramite rogatoria all'autorità giudiziaria egiziana contenenti l'invito a fornire indicazioni sulle compiute generalità anagrafiche e sugli attuali 'residenza o domicilio' utili per acquisire formale elezione di domicilio non hanno avuto alcun esito", scrivono i giudici. "L'acclarata inerzia dello Stato egiziano a fronte di tali richieste del ministero della Giustizia italiano, certamente pervenute presso l'omologa autorità egiziana, seguite da reiterati solleciti per via giudiziaria e diplomatica nonché da appelli di risonanza internazionale, effettuato dalle massime autorità dello Stato italiano, ha determinato l'impossibilità di notificare agli imputati, presso un indirizzo determinato, tutti gli atti del procedimento a partire dall'avviso di conclusione delle indagini. Gli imputati, dunque, non sono stati raggiunti da alcun atto ufficiale", aggiungono i giudici.
Nel corso del suo intervento il pm Sergio Colaiocco aveva sottolineato che i quattro 007 si "sono sottratti volontariamente dal processo mettendo in atto, in qualità di agenti della National Securety, una serie di depistaggi per "rallentare" l'indagine della Procura di Roma in modo tale da insabbiare la verità su quanto avvenuto tra il dicembre del 2015 e il febbraio del 2016. Colaiocco ha parlato di "un'azione complessiva dei quattro imputati, e alcuni loro colleghi, compiuta dal 2016 e durata fino a poco fa, per bloccare, rallentare le indagini ed evitare che il processo avesse luogo in Italia. Da parte loro per 5 anni c'è stata una volontaria sottrazione, vogliono fuggire dal processo. Sono finti inconsapevoli", ha detto il rappresentante dell'accusa che ha poi elencato 13 circostanze con cui gli 007 hanno ostacolato il corso delle indagini.
"Qui non abbiamo una prova regina una intercettazione telefonica. Ma ci sono almeno 13 elementi - ha affermato Colaiocco - che dal 2016 a oggi, se messi insieme, fanno emergere che gli agenti si sono volontariamente sottratti al processo. La domanda è: perché gli imputati non sono presenti qui in questa aula, sono inconsapevoli o finti inconsapevoli? L'imputato ha diritto ad avere tutte le notifiche del processo ma anche il dovere di eleggere il proprio domicilio. L'Egitto su questo punto non ha mai risposto. In generale su 64 rogatorie inviate al Cairo, 39 non hanno avuto risposta".
E poi l'ammissione: "Abbiamo fatto quanto umanamente possibile per fare questo processo e sono convinto che oggi i quattro imputati sappiano che qui si sta celebrando la prima udienza". In aula presenti i genitori di Regeni, Paola e Claudio e la sorella Irene che si sono costituiti parte civile. Dal canto suo anche l'avvocato dello Stato ha depositato l'istanza da parte della Presidenza del Consiglio. "Dopo cinque anni e mezzo di faticosa battaglia vogliamo un processo. Ma che sia regolare, siamo qui per proteggere la verità", hanno detto gli avvocati Alessandra Bellerini e Francesco Romeo, legali della famiglia di Regeni.
Gli avvocati hanno fatto riferimento ai "depistaggi clamorosi" messi in atto dalla National Security e dagli imputati. Dal finto movente omosessuale, all'uccisione della banda di rapinatori fino ad arrivare al film sulla vicenda di Regeni, andato in onda sui media egiziani e comparso anche sui social network, "evidentemente diffamatorio tanto che i genitori di Giulio hanno presentato una denuncia-querela alla Procura di Roma".
Ballerini ha ricordato che a Giulio furono "fratturati denti e ossa. Incise lettere sul corpo". Tutto ciò è avvenuto "in un luogo di tortura della National Security. Giulio muore non per le torture ma per torsione del collo, perché qualcuno decide che doveva morire. In questi anni abbiamo subito pressioni e i nostri consulenti in Egitto sono stati arrestati e torturati".