Sono state riconosciute le ragioni di alcuni privati veneziani, che sostenevano di essere stati defraudati di alcuni terreni dall'amministrazione marittima del Comune di Venezia in seguito all'alluvione del 1966
In Corte di Cassazione si è conclusa dopo 50 anni la più vecchia causa civile ancora pendente nelle aule di giustizia italiane. Si tratta di un'azione legale che era iniziata nel giugno 1973 e che riguardava la delimitazione del demanio marittimo avviata dalla Capitaneria di Porto di Venezia sul litorale del Cavallino, allora proprio nel Comune di Venezia, dopo l'alluvione del 1966.
La mareggiata - che tra l'altro portò anche la famosa "Aqua granda" di 194 centimetri in Laguna - aveva colpito anche le spiagge a nord-est della laguna e le acque invasero gli orti caratteristici di quel territorio. Alcuni privati avevano sostenuto che il muraglione di protezione idraulica costruito dall'allora Consorzio di Bonifica del Basso Piave, non poteva essere considerato come "confine" tra spiaggia demaniale e i propri terreni, e avviarono la causa, sostenendo di essere stati depauperati di parte delle loro proprietà, direttamente confinanti con la spiaggia.
Per loro le superfici demanializzate non avevano le caratteristiche morfologiche e funzionali del demanio marittimo e cioè dell'arenile. Chiedevano, dunque, di dichiarare l'inefficacia di questa delimitazione. Fu così chiamato in causa lo Stato, rappresentato dal ministero dell'Economia e delle Finanze e dall'Agenzia del Demanio.
Dopo 19 anni, nel 1992, il Tribunale di Venezia rigettò le domande. Una sentenza che è stata impugnata davanti alla Corte d'Appello di Venezia la quale, dopo altri 25 anni e una consulenza tecnica d'ufficio, ha riformato la sentenza nel 2017. I giudici di secondo grado riconobbero che l'alluvione del 1966, pur avendo alterato lo stato dei luoghi, non aveva determinato una modifica tale da far appartenere i beni privati al demanio marittimo. Una situazione che nel frattempo si è ulteriormente modificata, con un allargamento dell'arenile che in alcuni tratti supera i 150 metri.
Alcuni degli avvocati che nel 1973 iniziarono l'azione sono passati a miglior vita, altri sono in pensione. La causa è stata quindi ereditata dai legali che nel 1992 impugnarono la decisione del Tribunale, tra cui il veneziano Antonio Forza, Flavio Tagliapietra, di San Donà di Piave, Marco Benvenuti e Giorgio Orsoni. Tra i ricorrenti figura la società Sitla Spa, proprietaria del grande villaggio Union Lido di Cavallino, rappresentata da Forza.
Lo Stato ha proseguito fino alla Corte di Cassazione che, a cinquant'anni dall'inizio della vicenda, ha confermato le ragioni dei privati definitivamente, riconoscendo le loro ragioni e la piena proprietà dei terreni "sottratti" dall'amministrazione marittima.