I giudici accolgono così il ricorso della Unione atei agnostici razionalisti contro il Comune di Verona, che aveva negato loro di affiggere manifesti sul loro credo "negativo"
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Gli atei e gli agnostici hanno lo "stesso diritto dei fedeli delle diverse religioni di professare il loro credo 'negativo'". E' perciò "vietato discriminarli nella professione di tale pensiero", del quale possono fare libera propaganda, con l'unico limite di non offendere la fede altrui. Lo stabilisce la Cassazione, accogliendo il ricorso della Unione atei agnostici razionalisti contro il Comune di Verona che aveva negato loro di affiggere manifesti.
In particolare, l'amministrazione scaligera guidata dal sindaco di centrodestra Federico Sboarina - che si è costituito in Cassazione per contrastare il ricorso dell'Uaar - aveva ritenuto che il messaggio veicolato dai manifesti potesse essere "lesivo di qualunque religione".
I manifesti in questione riportavano la parola "Dio a caratteri cubitali", con la "D" a stampatello barrata da una crocetta e le successive lettere "io" in corsivo, e sotto la dicitura, a caratteri più piccoli, "dieci milioni di italiani vivono bene senza D e quando sono discriminati, c'è l'Uaar al loro fianco".
Per questo "messaggio", la Giunta comunale di Verona il 29 agosto 2013 aveva detto "no" ai manifesti, bocciando la richiesta presentata dall'Unione ateo-agnostica il 31 luglio. Senza successo, il fronte laico aveva fatto ricorso alla magistratura. Sia il Tribunale di Roma nel 2015 sia la Corte d'Appello capitolina avevano "convalidato" il divieto all'affissione.
Ma la Suprema Corte ha avuto molto da obiettare e ha ricordato che per il "principio supremo di laicità dello Stato deve essere garantita la pari libertà di ciascuna persona che si riconosca in una fede, quale che sia la confessione di appartenenza, anche se si tratta di un credo ateo o agnostico, di professarla liberamente".
Dal riconoscimento del diritto di "libertà di coscienza" anche agli atei e agli agnostici "discende il diritto di questi ultimi - proseguono gli ermellini - di farne propaganda nelle forme che ritengono più opportune". L'unico "vincolo" è che la propaganda non si "traduca nel vilipendio della fede altrui" o in "aggressioni e denigrazioni".
Ora la Corte di Appello di Roma dovrà rivedere il suo giudizio e prendere in seria considerazione la richiesta di risarcimento danni morali avanzata dell'Uaar nei confronti del Comune di Verona per la discriminazione subita nell'estate di sette anni fa.