Accettato il ricorso di una persona trans che non intendeva sottoporsi all'intervento
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Per ottenere il cambio di sesso all'anagrafe non è obbligatorio l'intervento di adeguamento degli organi sessuali: lo ha stabilito la Cassazione, che ha accolto il ricorso di Rete Lenford sul caso di una persona trans che, dopo essere stata autorizzata all'intervento chirurgico, aveva poi rinunciato all'operazione ma esigeva comunque di cambiare sesso all'anagrafe.
Sia il tribunale di Piacenza che la corte d'appello di Bologna, a cui la persona si era rivolta per ottenere la rettificazione dello stato civile in assenza dell'intervento chirurgico, avevano respinto la richiesta. Il tribunale e la corte d'appello avevano infatti aderito a quella giurisprudenza di merito, sino ad oggi prevalente, che subordina la modificazione degli atti anagrafici all'esecuzione del trattamento chirurgico sui caratteri sessuali primari, cioé gli organi genitali.
Anche per questo Rete Lenford definisce "storica" la sentenza della prima sezione della Corte di Cassazione che sostiene che "il desiderio di realizzare la coincidenza tra soma e psiche è, anche in mancanza dell'intervento di demolizione chirurgica, il risultato di un'elaborazione sofferta e personale della propria identità di genere realizzata con il sostegno di trattamenti medici e psicologici corrispondenti ai diversi profili di personalità e di condizione individuale. Il momento conclusivo non può che essere profondamente influenzato dalle caratteristiche individuali".
Secondo la Cassazione, in pratica, non può essere soltanto l'intervento chirurgico a determinare il cambio di sesso di una persona: la ricorrente, infatti, aveva rinunciato alla demolizione e ricostruzione chirurgica dei propri organi genitali proprio perché, riferisce l'associazione, aveva raggiunto nel tempo un equilibrio psico-fisico e da 25 anni vive ed è socialmente riconosciuta come donna.