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Chiede congedo parentale, il datore di lavoro lo fa pedinare e poi lo licenzia: reintegrato dal giudice

Nonostante il tribunale gli abbia dato ragione, un 41enne di Assisi, non tornerà in quell'azienda: "È stato un incubo"

06 Nov 2024 - 19:19
 © -afp

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Appena tre giorni di congedo parentale sono costati a Marco, 41enne di Assisi (Perugia), il licenziamento da parte del datore di lavoro che lo aveva fatto pedinare da un detective e accusato di aver abusato del periodo richiesto. Ora il giudice del lavoro ha stabilito il reintegro dell'uomo che, in quei giorni avrebbe svolto normali attività domestiche come andare a fare la spesa, sistemare la casa e portare la figlia all'asilo. L'uomo però, si è rifiutato di tornare in quell'azienda. "E' stato un incubo", ha commentato a fine vicenda.

"Ho vinto la causa ma mi sono rfiutato di tornare in azienda"

 "Il giudice a gennaio ha stabilito che lo scopo del congedo è anche quello di favorire il reinserimento lavorativo della madre e ha dichiarato nullo il mio licenziamento. Ma lì non ci sarei più tornato. È stato un incubo", racconta l'uomo a La Repubblica.

"Lavoravo in quella ditta da 12 anni. Passavo lì otto ore al giorno, non ho mai fatto assenze. Poi aprile 2020 è nata mia figlia e le cose da fare in casa si sono moltiplicate. Così ho iniziato a chiedere un paio di giorni al mese di congedo, mentre mia moglie, - spiega, - ne chiedeva uno a settimana".

"È tornata a lavoro poco dopo la nascita, fa l'infermiera. A lavoro davo sempre disponibilità per metà della giornata. Se la mia compagna era di turno la mattina, davo da mangiare a mia figlia, la vestivo e la portavo all'asilo. Ma il più delle volte chiedevo il pomeriggio libero, così da stare con lei se mia madre e mia sorella non potevano occuparsene. Quando mi hanno fatto seguire da un detective, è stata l’azienda stessa a propormi di assentarmi la mattina".

Pedinato e fotografato

 Poi sono scattati i pedinamenti e l'uomo è stato persino fotografato davanti al supermercato. L'azienda infatti, sospettava che Marco utilizzasse i suoi giorni di congedo per fare altro. "Il datore era obbligato a dire di sì alle mie richieste, ma non gli stava bene. Quella volta avevo preso tre giorni e me l'ha fatta pagare: alla vigilia di Natale mi ha sospeso con richiamo disciplinare. Poi il 29 dicembre mi ha licenziato per 'giusta causa', sosteneva avessi inferto un danno all’azienda. Era un mio diritto e avrò preso in tutto una ventina di giorni".

Alla fine, il tribunale gli ha dato ragione. "Un lato positivo c’è stato, - conclude l'uomo. - Mentre ero disoccupato ho potuto occuparmi di mia figlia a tempo pieno. Se si lavora e basta si è papà solo di nome".

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