Il ceceno risulta ancora latitante. "Questo è il primo passo ma adesso va ricercato affinché vada in carcere", ha commentato il padre della vittima
La Cassazione ha reso definitiva la condanna a 23 anni di carcere per Rassoul Bissoultanov, il cittadino ceceno accusato di aver pestato e ucciso Niccolò Ciatti nell'agosto 2017 all'esterno di una discoteca di Lloret de Mar, in Spagna. I giudici hanno accolto le richieste della procura generale. Bissoultanov, accusato di omicidio volontario, è attualmente latitante.
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La giustizia italiana arriva, dunque, a un giudizio definitivo per l'uomo che era stato condannato anche in Spagna a 15 anni nei primi due gradi di giudizio. Alla lettura della sentenza, arrivata dopo circa quattro ore di camera di consiglio, era presente anche Luigi Ciatti, padre della vittima, che non ha nascosto l'amarezza per il fatto che l'imputato sia in stato di libertà. "Credo sia stata riconosciuta la colpevolezza di Bissoultanov. Questo è il primo passo ma adesso va ricercato affinché vada in carcere perché purtroppo Niccolo' non può fare quello che fa lui e non è giusto", ha affermato lasciando gli uffici della Cassazione.
Bissoultanov venne estradato in Italia nel dicembre 2021 dalla Germania. E' tornato libero alcune settimane dopo alla luce di una istanza, accolta dai giudici, su un difetto di procedura. Da quel giorno di lui si sono perse le tracce. Nel corso della requisitoria il procuratore generale ha ricostruito la drammatica vicenda affermando che l'imputato è un uomo esperto di arti marziali "consapevole della sua forza, che ha messo in atto la sua azione nei confronti di una persona inerme e indifesa".
Non sussistono, a detta del pg, i crismi dell'omicidio preterintenzionale in quanto Ciatti venne colpito da un secondo colpo mentre era intento a rialzarsi dopo il primo pugno ricevuto. Come ricostruito dagli inquirenti il 22enne toscano venne colpito con un calcio "quando era del tutto indifeso e inoffensivo - scrissero i giudici di primo grado nella sentenza poi confermata in appello - ancora stordito per il pugno ricevuto, in violazione di ogni più elementare regola di combattimento che fin da epoca antica proibisce di colpire l'avversario a terra".