All'epoca dei fatti la vittima dei maltrattamenti aveva 16 anni: era stata costretta a un regime controllato perché ritenuta "brutta" e "grassa"
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Il tribunale di Como ha condannato a un anno e quattro mesi di reclusione una mamma di 53 anni, accusata di maltrattamenti in famiglia nei confronti della figlia che all'epoca dei fatti contestati, il 2019, aveva 16 anni. La donna era accusata di avere mantenuto la ragazza a un regime alimentare ferreo perché ritenuta "grassa" e "brutta". L'obiettivo della madre era quello di tenere la figlia sotto i 47 chilogrammi di peso.
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La vicenda era venuta alla luce, dopo la denuncia alla polizia di una parente. A seguito dell'apertura dell'inchiesta, la madre era stata allontanata da casa con una misura cautelare, per fare ritorno in famiglia dopo alcuni mesi. Il pubblico ministero aveva chiesto una condanna superiore, a due anni di reclusione.
Era stata una zia della ragazza, medico, a notare il disagio persistente nella minorenne e a raccoglierne le confidenze. Senza parlarne con nessuno, era andata diritta in questura. La ragazza, che poteva cibarsi solo di passati di verdura, carote o vegetali, era anche vessata dalla madre, che non mancava mai di insultarla. Questi insulti però non venivano mai rivolti all'altro figlio maschio. Dopo le dichiarazioni in incidente probatorio, la donna era stata allontanata da casa con una misura cautelare. Misura poi revocata alcuni mesi più tardi, grazie anche alla mediazione del marito, che è sempre riuscito a tenere unita la famiglia, stando accanto alla moglie e alla figlia.
Secondo la legale della donna, la situazione dopo cinque anni è mutata per cui - ha sostenuto - non avrebbe avuto senso condannarla. L'avvocato aveva chiesto l'assoluzione o, in subordine la riqualificazione del reato come abuso dei mezzi di correzione. "Non è giusto condannare una madre per il troppo amore verso i figli", ha concluso il legale, che dopo la lettura del dispositivo della sentenza ha annunciato ricorso in appello.