LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

Concordia, Cassazione: Schettino fu imprudente e negligente, tardi l'allarme

Secondo la Suprema Corte il comandante violò numerose regole di corretta navigazione e gli errori attribuiti ad altri ufficiali "non furono in alcun modo decisivi"

19 Lug 2017 - 19:02
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Francesco Schettino non osservò il "livello di diligenza, prudenza e perizia oggettivamente dovuto ed esigibile". Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui ha reso definitiva la condanna a 16 anni per il comandante della Costa Concordia per il naufragio nel quale il 13 gennaio 2012 morirono 32 persone.

Definizione della rotta - La decisione, presa il 12 maggio dai magistrati della quarta sezione penale della Corte Suprema, è legata alla condotta del comandante, si legge nelle motivazioni, a partire dalla pianificazione della rotta, tre ore prima del naufragio. Schettino intendeva "puntare verso l'isola e avvicinarsi per il 'saluto' programmato", come da lui stesso ammesso, "era tutt'altro che ignaro della rotta tenuta dalla nave", impartiva ordini sulla manovra, ordinando di procedere "con timone alla mano", e quando assunse formalmente il comando avrebbe potuto ripristinare la rotta programmata; in ogni caso "gli errori e le omissioni attribuiti ad altri ufficiali non furono in alcun modo decisivi, né tanto meno tali da ingannare il comandante sullo stato della navigazione".

La Cassazione concorda con i giudici di merito, scrivendo che Schettino violò "numerose precise regole di corretta navigazione" che "gli errori attribuiti al timoniere Rusli Bin furono in larga parte indotti dallo stesso Schettino e dalle sue concitate modalità di impartire gli ordini in rapida sequenza": 6 dati a raffica, come scritto nella sentenza d'Appello, nell'arco di soli 32 secondi appena prima all'impatto.

Pianificazione sommaria e comportamento negligente - Vengono poi sottolineate le mancanze del comandante "a partire dalla sommaria (e peraltro da lui disattesa) pianificazione della rotta assieme al Canessa", il cartografo, "proseguendo poi con l'utilizzo di una manovra spericolata, tenendo una rotta e una velocità del tutto inadeguate, per finalità essenzialmente legate al 'saluto' ravvicinato al Giglio, che egli si proponeva di effettuare". Agì poi con "negligenza", perché pur rendendosi conto della scarsa dimestichezza con l'italiano e l'inglese del timoniere "si avventurava in una manovra rischiosa senza procedere alla sostituzione". Era "il capo equipe", pertanto aveva - sottolineano i giudici - "una posizione gerarchicamente sovraordinata", e "aveva sia l'obbligo, sia il potere di impedire l'evento".

Allarme in ritardo - Il comandante, scrive poi la Cassazione, avrebbe dovuto dare l'allarme di emergenza generale "alle 21.50 o al più tardi alle 22", cioè quando fu comunicato in plancia che il locale dei motori elettrici era allagato: il ritardo nella segnalazione e nell'ordinare l'ammaino delle scialuppe ha assunto un evidente rilievo causale" nella morte di 32 persone.

"Dopo l'impatto - si legge nel documento - l'inclinazione della nave fu progressiva e non immediata, la velocità si riduceva di minuto in minuto, le scialuppe potevano essere tempestivamente calate".

E' falso dire che la condanna di Schettino sia legata esclusivamente alla sua posizione di comandante: "I ritardi e le manchevolezze dell'imputato nella gestione dell'emergenza sono stati puntualmente collegati dai giudici di merito", al contrario "un comportamento alternativo diligente" avrebbe avuto "una portata salvifica".

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