La Corte Costituzionale ha sollevato la questione sulla legittimità costituzionale dell'articolo 262 del Codice civile
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L'attuale sistema di attribuzione del cognome paterno ai figli è "il retaggio di una concezione patriarcale della famiglia" e di "una tramontata potestà maritale, non più coerente con il valore costituzionale dell'uguaglianza tra uomo e donna". Lo sottolinea la Consulta nell'ordinanza con cui ha sollevato la questione sulla legittimità costituzionale dell'articolo 262 del Codice civile, che stabilisce l'assegnazione ai figli del solo cognome paterno.
Il dubbio della Corte - "L'accordo dei genitori sul cognome da dare al figlio può rimediare alla disparità fra di loro se, in mancanza di accordo, prevale comunque quello del padre"? Con questo dubbio, la Corte ha sollevato dinanzi a sé la questione di legittimità del primo comma dell'articolo 262, che detta la disciplina dei figli nati fuori dal matrimonio. L'ordinanza depositata spiega perché la risposta a questo dubbio sia pregiudiziale rispetto a quanto chiedeva il Tribunale di Bolzano.
Il Tribunale di Bolzano chiedeva di dichiarare incostituzionale la norma laddove non prevede, in caso di accordo tra i genitori, la possibilità di trasmettere al figlio il cognome materno invece di quello paterno. Nell'ordinanza, la Corte ha anzitutto richiamato la propria precedente giurisprudenza per ricordare che - al di là di come sono poste le questioni di legittimità costituzionale - ciò "non può impedire al giudice delle leggi l'esame pieno del sistema nel quale le norme denunciate sono inserite".
La questione patronimico-uguaglianza - A sostegno della decisione di autorimessione della questione di legittimità, la Corte ha poi osservato che, qualora venisse accolta la prospettazione del Tribunale di Bolzano, in tutti i casi in cui manchi l'accordo dovrebbe essere ribadita la regola che impone l'acquisizione del solo cognome paterno. E poiché si tratta dei casi verosimilmente più frequenti, verrebbe a essere così riconfermata la prevalenza del patronimico, la cui incompatibilità con il valore fondamentale dell'uguaglianza è stata riconosciuta, ormai da tempo, dalla stessa Corte, che ha più volte invitato il legislatore a intervenire.
Nonostante siano legittimamente prospettabili soluzioni normative differenziate e permanga conseguentemente la discrezionalità del legislatore, la Corte ha ritenuto la necessità di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 262 nella parte in cui, in mancanza di accordo dei genitori, impone l'acquisizione alla nascita del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori.