Una catena di solidarietà

Coronavirus, centinaia di lettere ai malati in ospedale: "Non siete soli"

E' partita una catena di messaggi in risposta all’appello di tre giovani che invitavano a scrivere pensieri di incoraggiamento a tutti i ricoverati per Covid-19

10 Apr 2020 - 14:48

"Resisti, siamo tutti con te, con la forza, con lo spirito. Non mollare. Che poi ci vediamo fuori". Sono più di duecento le lettere che gli italiani stanno inviando ai pazienti negli ospedali per il Covid19. Hanno risposto all’appello di tre ragazzi, la giornalista Ludovica Criscitiello, la guida turistica Francesco Silei e l’ingegnere Carolina García León. E' partita così una catena di umanità fatta di parole, che incoraggiano alla vita. Un messaggio di speranza da amici sconosciuti ai tanti ricoverati, privati di affetti e calore, nel loro isolamento forzato.

Partecipare è facile: basta scrivere il proprio pensiero a lettere.civediamofuori@gmail.com, al resto ci pensa il gruppo di ragazzi che sta prendendo contatti con aziende sanitarie, Asl e associazioni di volontariato.

Il primo ospedale ad aver aderito è quello di Cremona. "Sapere che c'è una rete di relazioni anche di persone che non conosci, che ti supportano e pensano a te, è bellissimo", spiega a Tgcom24 la dottoressa Lia A Beccara, responsabile dell'unità semplice di Pronto soccorso.

"La risposta dei pazienti è stata emozionante. Ci hanno colpito le lettere delle persone affette da altre patologie, c'è chi passa un'intera vita con la malattia. Le loro parole, il loro incoraggiamento, hanno fatto sentire i ricoverati parte di una comunità", aggiunge Lia A Beccara che ha provato sulla propria pelle il Coronavirus.

"E' stata dura - racconta a Tgcom24, - ho avuto paura per mio marito e i miei figli. Mi sentivo impotente, lontana dai reparti. Per fortuna avevo un pc, la mia finestra sul mondo". Venti giorni di isolamento, poi i test negativi e il rientro.

"A Cremona è arrivato uno tsunami - conclude la dottoressa - I pazienti continuavano ad arrivare, non riuscivamo a porre un freno. Ho visto troppe persone stare veramente male".

di Claudia Vanni

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