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Coronavirus, i vaccini più promettenti: da quelli lanciati da AstraZeneca e da Pfizer a quello di Moderna

Ecco come funzionano e a che punto sono le sperimentazioni portate avanti dalle diverse case farmaceutiche

23 Nov 2020 - 16:54
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Al momento sono tre i vaccini che hanno ottenuto i risultati più promettenti contro il Covid-19: quello sviluppato da Oxford e AstraZeneca, quello di Pfizer e BioNTech e quello di Moderna. Ma non sono i soli che promettono di superare la pandemia.

Il vaccino AstraZeneca La multinazionale britannica AstraZeneca ha annunciato che il suo candidato vaccino (AZD1222), sviluppato con l'Università di Oxford, ha mostrato un'efficacia media del 70% sui 23mila volontari coinvolti nella fase 3 (quella su efficacia e sicurezza) della sperimentazione. Si tratta di dati preliminari ottenuti dall'analisi degli studi clinici condotti nel Regno Unito e in Brasile.

Allo sviluppo del vaccino ha partecipato anche la società italiana Irbm di Pomezia, specializzata nel trattare gli adenovirus depotenziati. Questo vaccino, infatti, si basa sui vettori virali da adenovirus, in grado di codificare per la proteina "spike" usata dal Sars-Cov2 per infettare le cellule. L'obiettivo del vaccino è quello di fare in modo che il sistema immunitario individui la proteina per eliminare il virus.

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Il vaccino Pfizer La scorsa settimana, il 18 novembre, l'azienda farmaceutica statunitense Pfizer e la tedesca BioNTech hanno annunciato che il loro candidato vaccino (BNT162b2) ha un'efficacia del 95% a partire da 28 giorni dopo la prima dose. La ricerca è stata effettuata su circa 44mila volontari in cui, dopo la somministrazione del vaccino, sono stati rilevati 170 casi di Covid-19, di cui 162 nel gruppo placebo e 8 nel gruppo vaccino. Non sono stati segnalati effetti collaterali, a parte stanchezza muscolare nel 3,8% dei pazienti dopo la prima dose e mal di testa nel 2% dei casi dopo la seconda. Le due aziende hanno presentato alla Food and Drug Administration (FDA) statunitense l'autorizzazione per l'uso di emergenza del loro vaccino.

La scorsa settimana il Regno Unito ha chiesto al suo ente regolatore medico, l'Mhra, di valutare l'idoneità del vaccino Pfizer-BioNTech. Il Regno Unito ha ordinato 40 milioni di dosi e prevede di averne 10 entro l'anno. In Italia, nel piano vaccini presentato dal commissario per l'emergenza, Domenico Arcuri, si stima che nel nostro Paese si potranno disporre, già da fine gennaio 2021, circa 3,4 milioni di dosi da somministrare a 1,7 milioni di persone.

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Il vaccino Moderna Anche la statunitense Moderna, il 16 novembre, ha comunicato che il suo vaccino (mRNA-1273) ha avuto, sulla base dei test clinici sperimentali, un'efficacia del 94,5%, oltre a essere risultato sicuro e ben tollerato. Anche in questo caso i circa 30mila volontari sono stati divisi in due gruppi: chi ha ricevuto il vaccino e chi un placebo. Sono stati poi rilevati solo 100 casi di Covid-19, 95 dei quali su pazienti del secondo gruppo. Non sono stati segnalati effetti indesiderati, tranne rari casi di dolori muscolari e mal di testa, comunque passeggeri.

L'Agenzia europea del farmaco (EMA) ha avviato la procedura di analisi dei risultati, che continuerà fino a quando non saranno disponibili prove sufficienti per autorizzazione l'immissione in commercio. Sia il vaccino di Moderna che quello di Pfizer e BioNTech hanno una tecnologia che si basa sull'RNA messaggero, la molecola che si occupa di codificare le informazioni contenute nel DNA nelle cellule per far creare loro le proteine. Questi vaccini danno proprio le "istruzioni" per produrre la proteina "spike" e, di conseguenza, gli anticorpi. Inoltre, ci sono anche altri candidati vaccini che potrebbero dare un contributo decisivo alla lotta al coronavirus.

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Il vaccino russo L'11 novembre, due giorni dopo l'annuncio dei primi risultati di Pfizer, il ministero della Salute della Russia ha comunicato che il suo vaccino, lo Sputnik V, ha un'efficacia del 92%. Il vaccino è stato sviluppato dal Centro nazionale di epidemiologia e microbiologia Nikolai Gamaleya di Mosca con il sostegno del Fondo per gli investimenti diretti della Russia (Rdif), che ha dato l'annuncio su Twitter. Il centro ha affermato, in un comunicato stampa, di aver effettuato le ricerche su 40mila volontari, divisi sempre in due gruppi. Di questi, 20mila hanno ricevuto una dose del vaccino e 16mila ne hanno avuto due, con la seconda 21 giorni dopo la prima.

L'analisi statistica sui 20 casi di Covid-19 poi confermati (nei gruppi che avevano ricevuto il vaccino o il placebo) ha portato l'Istituto a stimare l'efficacia del 92%. Tuttavia, non sono stati resi disponibili i risultati della fase 3 dei trial clinici del farmaco, indispensabili per l'approvazione a livello internazionale. Il Centro Gamaleya ha però annunciato che tutti i risultati saranno pubblicati nelle riviste scientifiche, in seguito a un analisi fatta da epidemiologhi indipendenti, e che i trial clinici saranno disponibili una volta che la fase 3 sarà finita. Lo Sputnik V è costituito da due dosi basate su due adenovirus diversi.

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Il vaccino cinese Infine, anche la Cina ha voluto dare il suo contributo nella corsa al vaccino. Il suo 'candidato' principale è il CoronaVac, sviluppato dalla compagnia farmaceutica Sinovac. Al momento, però, la ricerca è ancora alla fase due, dedicata a valutare la risposta immunitaria. La rivista Lancet Infectious Diseases ha riportato che, stando alle parole del professor Fengcai Zhu (co-autore principale dello studio), il CoronaVac è in grado di indurre una rapida risposta anticorpale entro quattro settimane dalla somministrazione di due dosi del vaccino a distanza 14 giorni.

Il vaccino è stato testato su oltre 700 individui di 18-59 anni reclutati in Cina tra il 16 aprile e il 5 maggio ed è risultato "sicuro" e ben tollerato nella maggior parte dei soggetti. I test sul vaccino cinese sono stati eseguiti anche in Brasile dal Butantan Institute, dove sono stati ripresi dopo uno stop dovuto alla morte di un volontario, che non sarebbe stata causata dalla sperimentazione. Questo vaccino, a differenza di tutti gli altri più famosi, è basato su un virus intero inattivato chimicamente, a partire da un ceppo di SARS-CoV-2 originariamente isolato da un paziente in Cina. 

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